VENEZIA - «Con decisione suprema e inappellabile Papa Francesco ha ridotto allo stato laicale don Massimiliano D'Antiga, ex parroco di San Zulian e amministratore di San Salvador».
A don D’Antiga era stato chiesto di diventare cappellano corale della Basilica di San Marco «per il quale egli stesso, in più occasioni, in precedenza, si era detto portato; avrebbe inoltre continuato a seguire, come gli fu subito comunicato, il gruppo dei genitori “con un figlio in cielo”, nella stessa chiesa di San Zulian, a 100 metri dalla Basilica, dove abitualmente si ritrovano; in tal modo consentendo il necessario riassetto pastorale della zona, con cui tre parrocchie e due rettorie venivano affidate ad un solo parroco coadiuvato da un aiuto».
Alla disobbedienza era seguita la consegna a don Massimiliano di un precetto con cui gli si chiedeva di trascorrere un periodo di 3 mesi in una comunità sacerdotale presso una casa religiosa, non distante da Venezia, dove avrebbe goduto di un competente aiuto psicologico e spirituale, così che, ritrovata la necessaria serenità, potesse ritornare. Nel frattempo la Procura di Venezia si concentrava sul "corvo", autore dell'affissione di manifesti a sostegno di d' Antiga, che si firmava fra Tino, per i quali veniva identificato un amico e collaboratore del sacerdote.
«La Congregazione per il Clero ha ravvisato la sussistenza dei comportamenti di “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, “lesione illegittima della buona fama”, “abuso della potestà ecclesiastica”, e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”, del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”, con la “speciale gravità” implicata dalla “necessità di prevenire o riparare gli scandali”, ed ha perciò deliberato di portare la questione al Sommo Pontefice per la decisione finale».
Che si è espresso per la riduzione allo stato laicale del sacerdote.