Le 15 case di don D'Antiga: «Sono dei miei genitori», la madre a processo per minacce

Giovedì 14 Febbraio 2019 di Nicola Munaro
Massimiliano D'Antiga
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Una quindicina di case tra Venezia e Cavallino, un piccolo impero immobiliare: risulta dalla visura sulle proprietà di Massimiliano D'Antiga, sacerdote ed ex guida delle parrocchie di San Salvador e San Zulian, ora in «perenne ritiro spirituale» nella casa dei genitori, a Treporti. L'accusa è che parte di quel patrimonio sia frutto di lasciti di ex parrocchiani. «Falso - taglia corto il prete - i lasciti testamentari sono pubblici, c'è un notaio che li deve approvare, basta vedere. Quelle case sono eredità che ho avuto come figlio, sono beni della mia famiglia, costruiti dai miei genitori, alcuni addirittura quando io nemmeno c'ero. Sono nude proprietà, alcune  conteggiate in modo errato così il numero aumenta». E intanto la madre del religioso, Franca Vianello, accusata di minacce da un suo ex catechista 57enne, è a processo.
Ma quello che più fa male a don D'Antiga è l'associazione tra la sua missione da sacerdote e le case che risultano di sua proprietà. «Non ho ricevuto nessuna casa da nessuno. Fanno parte del patrimonio della mia famiglia - ribadisce - Il tutto poi, ammesso e non concesso, che io, da privato cittadino, da sacerdote e non essendo un frate, avrei potuto ricevere delle eredità a mio nome, non solo a nome della parrocchia. Sarebbero però messe nero su bianco in atti ufficiali. A quel punto si sarebbe dovuto dimostrare che io sia stata capace di estorcere quei lasciti raggirando delle persone in difficoltà e facendo leva sulla mia posizione. Non è successo nulla di ciò, nessuno mi ha intestato testamenti, né case o proprietà immobiliari. Quello che c'è, lo ha costruito la mia famiglia e il resto sono discorsi che non hanno un senso preciso».
Perché lui, ammette, di lasciti ne ha ricevuti, «ma ho accompagnato le persone che erano interessate a farli, in Curia. In tutto sono state cinque in questi anni. Non sono due lasciti, come dice il Patriarcato: si tratta dei due fratelli Prete Gianni, Maria Grazia Molin, Tomasi Elisabetta, Concetta Albanese e Tibe Ferroni. I loro beni ora sono in Curia.
LA RISPOSTA
«La nota del Patriarcato, che mi attacca per aver ringraziato chi mi ha dato una mano nella gestione economica di San Salvador e San Zulian mi ha addolorato - continua D'Antiga - Di quanto fatto per mettere in ordini i conti, sono testimoni i consiglieri per gli affari economici: tutto è registrato in documenti ufficiali. Loro si sono occupati di pagare i debiti e al mio addio abbiamo lasciato alle chiese degli avanzi notevoli. A San Salvador ho restaurato il tetto della chiesa, le pertinenze delle canoniche e del patronato, la sacrestia e le illuminazione. A San Zulian - precisa - ho aperto il finestrone dell'altare maggiore, restaurato gran parte delle pale d'altare, installato impianti termici ed elettrici oltre alla messa a nuovo i banchi e il coro».
IL PROCESSO
Intanto ieri mattina si è aperto davanti al giudice di Pace di Venezia il processo contro la madre del sacerdote, Franca Vianello, accusata di minacce un cinquantasettenne di Cavallino-Treporti che il 22 aprile scorso era stato aggredito dalla donna mentre sistemava la sua barca.
«Per te e la tua famiglia saranno guai. Dio punirà te e la tua famiglia. Chi tocca Emanuela fa una brutta fine», le frasi della donna, dettate da un alterco avuto dalla figlia Emanuela con il cinquantasettenne. Che in passato, era stato il catechista di don Massimiliano.
Nicola Munaro
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Ultimo aggiornamento: 15:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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