Razzismo a Ponte di Piave. «Negro, vai in Africa»: insulta un operaio che vive in paese da 34 anni

Mercoledì 21 Agosto 2019
Razzismo a Ponte di Piave. «Negro, vai in Africa»: insulta un operaio che vive in paese da 34 anni
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PONTE DI PIAVE (TREVISO) -  «Negro, vattene in Africa, se non sai dove andare, torna a casa tua»: accade a Negrisia di Ponte di Piave. È lo stesso aggressore ad aver raccontato quanto avvenuto martedì scorso verso le 16.30, lungo via Chiesa. E i commenti non si sono fatti attendere. «L'episodio è da condannare, però è anche da capire da chi arrivano quelle accuse. Si tratta si un fatto che non fa onore al paese». Lo dice un ex imprenditore di Ponte di Piave. «Piena solidarietà all'aggredito. Lo conosco bene ed è un punto di riferimento della comunità senegalese», spiega un volontario pontepiavense che in passato ha collaborato con l'associazione multietnica.

L'INTERVISTA Nessun pentimento. «Mi ha chiesto dov'era il medico. I negri rovinano l'Italia... è colpa loro»



«Non posso che esprimere solidarietà, è una brava persona, tra l'altro con tanto di cittadinanza italiana». «Scendo dall'auto per chiedere informazioni. Vengo assalito da una persona con insulti, mi chiama negro e mi invita, se così si può dire, a tornare in Africa. Lo dice a me, che abito qui da 34 anni, non mi era mai capitato».

 A raccontarlo è Oumar Seye, senegalese di origine, classe 1966, in Italia dal 1986. Sposato con figli, è ben integrato nel tessuto sociale. È il presidente dell'associazione Multietnica di Ponte di Piave e Salgareda. In questi giorni sta aiutando, con la sua associazione, la famiglia del 23enne di Ceggia affogato a Ferragosto a Jesolo. Mentre chi l'avrebbe apostrofato è l'imprenditore immobiliare Roberto Lorenzon, 81 anni, residente a Negrisia. La scorsa settimana Oumar ha avuto un problema di salute. Si è così recato dal medico del suo paese, che tuttavia era in ferie. Decide di andare da un sostituto, a Negrisia. Una volta arrivato in centro a Negrisia, scende dall'auto e chiede informazioni. E qui - stando al racconto corredato da un video del cellulare subisce l'aggressione verbale. «Non riuscivo a trovare l'ambulatorio - spiga Oumar - ho chiesto aiuto ad alcune persone del luogo. Da una porta è uscito un uomo, che non conosco subito dopo una donna. Ho chiesto dove fosse l'ambulatorio. Mi hanno chiesto a loro volta dove abitavo e perché ero lì. E alla mia risposta, mi hanno detto che se non sapevo dov'ero potevo andarmene. Hanno cominciato ad insultarmi e ho avuto timore che mi mettessero le mani addosso. Un'esperienza davvero incredibile». 
DELUSOE prosegue: «Sono affranto, mi hanno aggredito verbalmente. Davvero proprio non me l'aspettavo. Conosco bene la realtà locale, conosco la sindaca Paola Roma, presiedo un'associazione che ha sede a Ponte di Piave. Ma sono comunque stato aggredito per il colore della mia pelle». Di questo ne è sicuro? «Sì, mi ha apostrofato più volte con il termine negro e mi ha detto di andare in Africa perché lui i negri non li sopporta. Di certo non ho alzato le mani, si fa presto a passare dalla parte del torto. Se ci fosse stato Uun altro sarebbe andata così?». Questi i fatti raccontati da Oumar. Che poi si è presentato ai Carabinieri di Ponte di Piave. «Visto quanto accaduto, mi sono sentito in dovere di riportare l'episodio in caserma». Maa nessuna denuncia: «No, ho semplicemente raccontato i fatti. Il carabiniere, molto gentile, ha riportato tutto il mio racconto. Al termine mi ha chiesto se avessi voluto denunciarlo. Ho lasciato perdere». 
I COMMENTIIl vicesindaco di Ponte, Stefano Picco: «Ci preoccupa chi scatena allarmismi. Ci dissociamo dal fatto, ma condanniamo chi generalizza. Le persone che abitano qui da una vita si sono integrate: hanno un lavoro, i figli frequentano le nostre scuole, partecipano alla vita della comunità. Chi getta polvere negli occhi per strumentalizzare una comunità, generalizzando un fatto isolato, va duramente condannato». Andrea Favaretto, sindaco di Salgareda: «Mi spiace molto. Oumar lo conosco, è una bravissima persona. Questi fatti non dovrebbero mai accadere, devono essere condannati. È una persona molto tranquilla». Stefania Buran, segretario della circoscrizione opitergino-mottense della Lega: «Non si perde occasione di gridare al razzismo. Mi risulta che l'aggressore non è nuovo a cose simili. Ma vogliano far passare il messaggio che la Lega e Salvini incitino al razzismo, non è così».
Gianandrea Rorato

Ultimo aggiornamento: 10:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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