Razzismo. «Mio figlio, italiano dalla pelle scura, respinto da una discoteca di Jesolo»

Venerdì 9 Agosto 2019
Razzismo. «Mio figlio, italiano dalla pelle scura, respinto da una discoteca di Jesolo»
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JESOLO - I genitori del 18enne di Adria rifiutato all'ingresso del Cayo Blanco di Sottomarina perché di colore, hanno scelto di denunciare. Forti del sostegno del figlio - adottato quando era piccolo e cresciuto senza essere mai stato oggetto finora di insulti o discriminazioni razziali -  e anche degli amici bianchi che hanno condiviso con lui il disagio e la rabbia per un'esclusione da apartheid.

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Ma i genitori di un altro 20enne mestrino, di origini eritree, sottoposto a la stessa gogna umiliante, hanno scelto il silenzio non per mancanza di coraggio, bensì per volontà del figlio. È stato lui, seppur sollecitato più volte, a non voler rendere pubblico l'esclusione patita di fronte a tutti e nell'indifferenza di tutti. Una ferita lancinante al suo amor proprio, al suo essere/sentirsi italiano, alla sua dignità di persona uguale alle altre, alla sua giovinezza e spensieratezza.
 
ALTRA SPIAGGIA
È successo su un'altra spiaggia, dalla parte opposta della provincia, sul litorale orientale, a Jesolo. Nella serata inaugurale di uno dei locali notturni più a la page fra i giovani. Il racconto è del papà del ventenne di Mestre: «Mio figlio era con alcuni amici, compagni di scuola. In fila per entrare. Vestito bene come da protocollo. Camicia, jeans, tirato come qualsiasi ragazzo della sua età che decide di andare in discoteca. A vigilare all'ingresso i buttafuori, molto rigidi sull'etichetta. Gli amici li hanno fatti passare, ma mio figlio no. Gli hanno detto Tu aspetta qua, spingendolo a lato. Intanto facevano entrare tutti gli altri che erano dietro a lui. Ma se all'inizio mio figlio non voleva ammettere che era stato messo in attesa perché nero, poi ha avuto al conferma quando all'ingresso era arrivato il turno di un ragazzo che sembrava di origini indiane. Anche lui, e solo lui, è stato invitato a farsi da parte».

TROPPA SOFFERENZA
I due italiani ma troppo scuri di pelle sono rimasti inutilmente ad attendere.

Per loro il turno di entrare non è mai arrivato, tanto che alla fine se ne sono andati. «L'altro ragazzo - continua il padre del mestrino - abbiamo saputo che era del Veneto orientale e pare che volesse presentare denuncia. Ma non so se abbia o meno proceduto in tal senso. Ammetto che quando ho visto mio figlio rientrare raccontando a me e a mia moglie quanto era successo, sono rimasto malissimo per lui e anche per noi. L'istinto era quello di andare subito di dai carabinieri o dalla polizia. Un'ingiustizia tale non può restare impunita. Poi ho compreso anche - conclude il professionista - la reazione del mio ragazzo che non vuole finire al centro di polemiche che gioco forza lo esporrebbero al giudizio pubblico. Invece lui vuole dimenticare la più presto la cosa, sperando di non doversi mai più sentire così. Rifiutato e allontanato. Obtorto collo ci siamo adeguati. Ma la sofferenza, nostra, è tanta». (m.and)

Ultimo aggiornamento: 10 Agosto, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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