MESTRE - Non ci sono prove di un complotto e le pene stabilite dalla giustizia romena sono compatibili con quelle previste dall'ordinamento italiano. È quanto emerge dalla sentenza della corte di Cassazione sul caso del 43enne mestrino Matteo Politi, condannato dalla giustizia romena per aver operato da chirurgo senza averne i titoli, che ora dovrà scontare la pena diventata definitiva (e quindi tornare in carcere).
RICORSO RESPINTO
Nell'udienza del 30 ottobre, però, la Suprema corte aveva rigettato il ricorso, scrivono i giudici Anna Criscuolo e Orlando Villoni, ritenendolo «basato su motivi infondati o improponibili in sede di legittimità». «Si sostiene infatti - aggiungono - che l'intero procedimento intentato al Politi altro non sarebbe che frutto di un complotto ordito ai suoi danni al fine di screditarlo in via preventiva, avendo egli presentato denuncia nei confronti della citata Adina Alberts, persona asseritamente in grado di fare affidamento su un clima di generalizzata protezione in Romania a causa del ruolo pubblico e politico ricoperto dal coniuge Viorel Catarama (ex senatore e imprenditore, ndr). In che modo tale situazione possa trasformare la pacifica natura comune dei reati (falso e truffa) oggetto di condanna, connotandoli in senso politico, è questione che la difesa non riesce in alcun modo ad argomentare». Per quanto riguarda il fatto, invece, che la Corte d'Appello veneziana avrebbe dovuto rimodulare la pena stabilita dalla giustizia romena, i giudici spiegano che «il potere di adattamento risulta circoscritto». Il principio della conformità prevede che sia eseguita la stessa pena prevista per il reato in Italia. La condanna di Politi a 3 anni e 10 mesi quindi risulta «ampiamente compresa nei limiti edittali» del codice penale italiano.