Tommaso Temanza, l'architetto "frenato" dalle critiche

Lunedì 20 Marzo 2023 di Alberto Toso Fei
Tommaso Temanza nell'illustrazione di Matteo Bergamelli

VENEZIA - La sua opera più celebre - dove poi scelse di venire sepolto - è la chiesa della Maddalena a Cannaregio, l'ultima edificata in città (anzi, riedificata) finché la Serenissima esistette. E sebbene Tommaso Temanza abbia contribuito in maniera determinante all'evoluzione dal rococò al primo neoclassicismo settecentesco, impartendo un orientamento verso il Palladio (del quale era studioso), di fatto le opere portate a compimento non furono molte, né furono esenti da critiche e maldicenze.

La vita di Tommaso Temanza

Eppure fu figlio d'arte: suo padre, Antonio Temanza, era egli stesso architetto, mentre la madre Adriana Scalfarotto fu sorella di un altro grande architetto veneziano, Giovanni Scalfarotto (al quale si deve la rifabbrica di San Simeon Piccolo).

Nato a Venezia il 9 marzo 1705, fu allievo a Padova del matematico Giovanni Poleni e proprio collaborando con lo zio Giovanni conobbe ed ebbe maniera di confrontarsi con un giovane Giovan Battista Piranesi. Come il padre, divenne (nel 1742) proto al Magistrato delle Acque, e in questa veste seguì Bernardino Zendrini nella realizzazione dei Murazzi, sui litorali di Lido e Pellestrina.

La sua formazione incluse infatti anche gli studi di ingegneria e idraulica, ma fu pure uno studioso di valore, soprattutto nel riportare in auge la figura di Andrea Palladio e contribuire dunque all'orientamento in chiave neoclassica del linguaggio architettonico veneziano.


Poche in realtà sono le sue opere degne di nota: la chiesetta di Santa Margherita a Padova (verso il 1748), la cappella di villa Contarini a Piazzola sul Brenta, il progetto della loggia di Ca' Zenobio a Treviso e - a Venezia - il disegno per la chiesa di San Servolo e la realizzazione di quella, già citata, della Maddalena.
Nel 1755 fu incaricato del restauro della Torre dell'Orologio in Piazza San Marco, dove si limitò a inserire otto colonne al piano terra, ritenendo di dover "continuare lo stesso carattere e le simmetrie medesime, altrimenti (le fabbriche) riescono irregolari e mostruose". Un intervento che fu oggetto di versi satirici, probabilmente per mano del suo rivale Carlo Lodoli, che scrisse: "Lustrissime siore colonne, cosa feu qua? Non lo savemo in verità". Allo stesso anno va ricondotto il progetto di rifacimento degli spazi del teatro del Ridotto.

Qualche anno prima, proprio in funzione delle polemiche, aveva rinunciato a ricostruire il ponte di Bassano, crollato nell'agosto del 1748 per la piena della Brenta. Intenzionato anche in questo caso a proporre una ricostruzione fedele del disegno palladiano, fu preso di mira da chi voleva qualcosa di innovativo e razionale; alla fine affidò l'incarico al matematico Bartolomeo Ferracina.

La sua produzione storica e letteraria fu di tutto rispetto: il suo lavoro più conosciuto è "Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani", del 1778, indispensabile opera di consultazione per gli studiosi di storia dell'architettura veneta. Scrisse anche una "Vita di Andrea Palladio" e la "Dissertazione sopra l'antica pianta dell'inclita città di Venezia nel duodecimo secolo", nel 1781, nella quale riporta e analizza quella che viene considerata la più antica pianta della città di Venezia.

La chiesa della Maddalena (riedificata tra il 1757 e il 1591 a seguito dell'abbattimento del vecchio edificio) fu l'opera più distinta di Temanza, da lui stesso definita "prodigio della Provvidenza". Più simile a un tempio pagano che a una chiesa (oltretutto con un orientamento Nord-Sud contro il precedente e classico Est-Ovest) rimase spesso chiusa al pubblico proprio per la sua somiglianza al Pantheon. Oltre a questo l'architettura è arricchita da motivi neoegizi e palladiani e ricca di riferimenti che richiamerebbero alla massoneria, come l'occhio dentro a un triangolo iscritto in un cerchio che compare sopra il timpano accompagnato dal motto "Sapientia aedificavit sibi domum" e l'elegante porticina sul retro che secondo alcune teorie veniva utilizzata per iniziare i nuovi adepti.
Anche la pietra tombale di Tommaso Temanza, che morì il 14 giugno 1789 ed espresse il desiderio di venirvi sepolto, reca squadra e compasso: indubbiamente strumenti del suo mestiere ma, ancora, simboli cari alla fratellanza dei liberi muratori.

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