Anila schiacciata dal macchinario, il collega: «Mi diede lei l'ok per azionarlo»

Giovedì 14 Dicembre 2023 di Maria Elena Pattaro
Anila Grishaj, morta a 26 anni

PIEVE DI SOLIGO «Il macchinario è andato in blocco, io ho chiamato la mia capolinea, che è intervenuta per risolvere il problema. Poi è successa la tragedia. Non mi dò pace». È ancora sconvolto l’operaio di 23 anni che riattivò il robot che ha travolto e ucciso Anila Grishaj, 26 anni. È passato un mese esatto dall’incidente mortale sul lavoro avvenuto il 14 novembre alla Bocon, ditta di surgelati di Pieve di Soligo. La procura, che indaga per omicidio colposo, ha disposto una perizia sul macchinario a cura di un esperto di robot milanese.

Agli accertamenti, in corso dal 6 dicembre, partecipano anche i consulenti di parte dei due indagati per omicidio colposo, ovvero il collega della vittima (difeso all’avvocato Vincenzo Arcidiacono) e l’amministratore delegato dell’azienda (difeso dall’avvocato Luigi Fadalti). A detta dell’operaio, il via libera per la riattivazione del macchinario sarebbe arrivato dalla capolinea stessa al termine dell’intervento. 


L’INCIDENTE
Il 23enne si sarebbe accorto infatti, tramite un alert visivo e sonoro che l’imballatrice era andata in blocco. Avrebbe avvertito quindi il suo superiore. Anila avrebbe armeggiato per parecchi minuti all’interno del mega robot dove pare che fosse rimasto incastrato un imballaggio di cartone. Poi avrebbe dato il via libera per vedere se funzionava tutto correttamente. Ma proprio in quella fase qualcosa è andato storto ed successo l’irreparabile: il braccio meccanico l’ha colpita alla nuca, incastrandola nel macchinario, senza lasciarle scampo. La ricostruzione è al vaglio degli inquirenti, che fin da subito hanno sospettato che alla base della tragedia ci fosse un errore umano. Si era ipotizzato che il collega avesse azionato inavvertitamente il macchinario su cui Anila stava operando. Se sia stata la capolinea a dare un comando restando troppo vicina al braccio meccanico o se sia stato il collega a riattivare il robot nel “momento sbagliato” è ancora tutto da accertare. Anche grazie ai filmati delle telecamere, già acquisiti dagli inquirenti. L’altra ipotesi riguarda un possibile malfunzionamento del sistema di sicurezza del macchinario. Si tratta di un robot imballatore all’avanguardia, costato un milione di euro che l’azienda usava da cinque mesi. Va chiarito non solo se ci siano state anomalie specifiche quel maledetto giorno, ma anche se l’imballatrice sia in grado di rilevare e di bloccarsi nel caso in cui ci sia una persona nei pressi del braccio meccanico. È quello che la perizia cercherà di capire. Il perito del pm Massimo de Bortoli e i consulenti di parte sono al lavoro dal 6 dicembre.

Ultimo aggiornamento: 07:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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