Anila Grishaj, chi era la 26enne morta incastrata in un macchinario: il diploma turistico, l'affetto dei colleghi e la promozione a vicedirettrice

"Sempre con il sorriso sulle labbra e tanta voglia di lavorare". Così i colleghi ricordano la giovane operaia di origini albanesi

Mercoledì 15 Novembre 2023
Chi era Anila Grishaj, morta incastrata in un macchinario nella ditta di surgelati: il diploma turistico e la promozione

PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - Era andata in azienda, come faceva ogni giorno, col sorriso sulle labbra e voglia di lavorare.

La descrivono così, gli amici e i colleghi: "solare e volenterosa". I familiari, straziati dal dolore, non hano trovato la forza di rilasciare alcuna dichiarazione. 

Anila Grishaj, 26enne di origini albanesi, era impiegata in una ditta che confeziona surgelati, la "Bocon" di via Montello a Pieve di Soligo (Treviso). È morta schiacciata in un macchinario utilizzato per l'imballaggio dei prodotti: una morte orribile, con schiacciamento delle vertebre cervicali, che l'intervento del medico e infermieri del Suem 118, con elicottero, ambulanza e automedica, non hanno potuto scongiurare. Sul perchè non siano entrati in funzione i sistemi di sicurezza salvavita e sull'eventuale non rispetto delle norme, la a Procura di Treviso ha aperto un'inchiesta. Una morte ingiusta e difficile di accettare, arrivata in un giorno di lavoro qualunque per una giovane semplice, che aveva conquistato il proprio diritto a realizzarsi.

Chi era Anila Grishaj

Anila Grishaj, 26 anni, aveva origini albanesi ma da anni viveva a a Vergoman, nella borgata di Miane, insieme ai genitori, alla sorella e a un fratello. Anila si era diplomata all'Istituto Economico- turistico di Valdobbiadene, e da qualche tempo aveva iniziato a lavorare come operaia nella ditta alimentare "Bocon". Ma la sua affidabilità l'aveva presto resa un punto fermo dell'azienda, dalla quale era stata promossa a vicedirettrice.

Circa un anno fa, Anila aveva prestato il suo sorriso per una campagna promozionale sui social dell'azienda, nella quale venivano presentati i dipendenti: «Anila viene dall'Albania, un paese tutto da scoprire. Le piace fare shopping, adora mangiare e il suo prodotto preferito è la focaccia ripiena di peperoni melanzane e provola affumicata», si legge nel messaggio che accompagna lo scatto.

«Aveva sempre il sorriso sulle labbra ed era una gran lavoratrice», raccontano i colleghi, dalla quale era stata benvoluta fin dal primo giorno. Proprio i colleghi sono stati i primi a lanciare l'allarme. Dopo la notizia, il padre di Anila, straziato e sconvolto, ha sfogato l'incredulità e la rabbia prendendo a calci alcune fioriere davanti all'azienda. Troppo forte il dolore per una perdita così assurda, in quella che dove va essere solo una giornata di lavoro come tante.

«Si può morire così, solo se le sicurezze del macchinario sono state rimosse, alterate e ciò accade spesso. Ecco perché si dovrebbe parlare di omicidio sul lavoro. In questo caso un robot transpallet di movimentazione materiale ha colpito alla testa la lavoratrice. Questo è impossibile che accada senza aver manomesso le sicurezze. E se accade è perché quella è la prassi. Non una fatalità. Chi conosce la vittima avvisi i famigliari di contattare subito un buon avvocato penalista non datoriale», ha dichiarato il sindacato Fiom Cgil. Ma le indagini sull'incidente fatale sono ancora all'inizio e le eventuali responsabilità non potranno che essere verificate dopo attenti accertamenti. 

Ultimo aggiornamento: 11:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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