TREVISO - In quel telefonino è racchiuso il mistero dell'uccisione di Anica Panfile, la romena 31enne, trovata cadavere, domenica 21 maggio, in un'ansa del Piave, a Spresiano. Il killer, che potrebbe avere dei complici, ha gettato il corpo poco più a monte, dal ponticello che affaccia sullo scolo del canale della Vittoria, in via Del Fante, a due passi dal ristorante Da Domenico. Il livello dell'acqua del canale era stato abbassato per consentire ai carabinieri del nucleo investigativo e ai sommozzatori dei vigili del fuoco di scandagliarlo. Centimetro per centimetro. Ed erano emersi un mazzo di chiavi, un accendino e un paio di occhiali appartenuti alla 31enne. Oltre alla sua felpa grigia, che la donna indossava giovedì 18 marzo, quando è scomparsa, per andare al lavoro alla casa per anziani di Santa Bona. Dall'acqua era stato ripescato pure un pacchetto di sigarette, marca Chesterfield.
IL MISTERO DEL CELLULARE
Ma del telefonino e dei documenti di Anica nessuna traccia.
Oppure potrebbe averlo gettato lontano dal luogo in cui Anica è stata presa a botte e a calci in volto. Lei non si sarebbe difesa, tanto è vero che l'anatomopatologo, che ha eseguito l'autopsia, non ha riscontrato ferite sulle braccia. Poi, già cadavere, sarebbe stata gettata nel canale. Sempre nel corso dell'autopsia non sono state, infatti, trovate tracce di annegamento nella donna. Ma perchè quel telefonino sarebbe così importante, da meritare una cura particolare nel farlo sparire? I dubbi sono che il cellulare possa contenere tracce che ricondurrebbero all'assassino. Gli investigatori stanno indagando in questa direzione. Tanto è vero che un perito, nominato dalla Procura, eseguirà gli accertamenti, pur in mancanza di telefonino, per risalire agli ultimi messaggi e alle ultime telefonate fatte da Anica.
I TRE UOMINI
Nell'indagine compaiono i tre uomnini di Anica. L'ex marito Vasilica Lungu, che comparirà a processo il prossimo 16 giugno per minacce nei confronti della 31enne in quanto, con messaggi whatsapp, le scriveva "Stai sicuramente con un'altra persona. Io verrò in Italia e ammazzerò sia te, che lui». E poi: «Ho qua a Treviso amici albanesi che ti possono fare del male». Anica non era stata disponibile a rimettere la querela e il processo, dunque, prosegue. Poi, c'è l'attuale compagno della donna Luigino De Biase, padre di uno dei quattro figli, che ne aveva denunciato la scomparsa dopo aver provato ripetutamente a contattarla. Era andato a prendere i bambini a scuola, la aspettava per pranzo. Le aveva telefonato, le aveva scritto dei messaggi, senza ricevere risposta. E, infine, Franco Battaggia, titolare della pescheria di Spresiano dove aveva lavorato la 31enne fino all'autunno scorso. Anica, il giorno della scomparsa, aveva visto proprio Battaggia perchè - lo ha detto lui ai carabinieri - doveva ritirare il Cud. Poi la donna sarebbe stata vista salire su un'utilitaria blu. Ma, di quest'auto le telecamere non avrebbero immortalato il numero di targa. Doveva incontrare un conoscente? Ma chi? Il telefonino potrebbe sciogliere tanti dubbi.
V.Lip.
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