Omicidio di Anica. L'ex primula rossa della Mala del Brenta, legato al boss Maniero, l'ultimo a vederla viva

Sabato 27 Maggio 2023 di Maria Elena Pattaro
Franco Battaggia è stato sentito dai carabinieri sulla morte di Anica Panfile, ex dipendente

ARCADE (TREVISO) - Potrebbe essere lui l’ultimo ad averla vista viva, prima che Anica scomparisse e venisse assassinata. Nel giallo del Piave, che presenta ancora tanti punti oscuri, spunta un nome noto alle cronache: il “re del pesce” Franco Battaggia. Legato a Felice Maniero e alla Mala del Brenta, è stato protagonista di episodi che vanno dalla bancarotta fraudolenta al traffico di droga, armi, racket e omicidio. Oltre che di fughe rocambolesche e latitanze in Francia e in Sudamerica. Il conto con la giustizia lo ha ormai saldato da oltre dieci anni. Nel 2011 ha finito di scontare la pena: 21 anni di carcere. E ora gestisce la pescheria “El Tiburon” di Spresiano. Anica Panfile, la 31enne romena trovata morta sul Piave, aveva lavorato lì per 4-5 anni. E saltuariamente faceva le pulizie a casa di Battaggia, ad Arcade. È a cento metri da quell’abitazione che la giovane mamma è stata avvistata per l’ultima volta, alle 16.30 di giovedì 18 maggio.

Era davanti al negozio di biciclette Arcade Bike e indossava una felpa rossa. Poi è scomparsa: un blackout di tre giorni fino a domenica mattina, quando un pescatore ne ha ritrovato il cadavere su un isolotto del Piave, a Spresiano. In mezzo, una nebbia fitta che i carabinieri stanno cercando di dissipare analizzando telecamere, tabulati telefonici e sentendo la sua cerchia di contatti.

Il personaggio

Compresa la “Primula rossa” del Nord Est. «Sto soffrendo per la morte di Anica. La porto nel cuore. Ha lavorato da me e mi piaceva, come lavoratrice. Era eccezionale» diceva ieri mattina mentre scaricava da un furgone le casse di pescato. È mezzogiorno e al “Tiburon” è pieno di clienti. Non una parola sul giallo del Piave né sulle ultime ore di Anica. «Quello che dovevo dire l’ho detto ai carabinieri» taglia corto prima di salire su un camion frigo. Un’ora dopo la sua Mercedes rossa fa capolino in via Europa, ad Arcade per raggiungere l’abitazione sorvegliata da Amstaff. Anche qui cerca di dribblare le domande dei giornalisti, ribadendo che la 31enne era una brava lavoratrice e il dolore per quello che le è successo riguarda tutti. Per vicini e compaesani quello di Anica era un volto familiare. «Passava in macchina con lui per venire a fare le pulizie o badare alla casa. Non era l’unica -dicono dal quartiere- L’abbiamo vista anche nelle ultime settimane». Qualcun altro invece se la ricorda al banco della pescheria o fuori dal negozio, insieme al titolare e ad altri colleghi. «Li incrociavo spesso a Spresiano o a Visnadello -racconta un anziano che ieri mattina sorseggiava l’aperitivo al bar di via Europa- Franco offre spesso il pranzo o l’aperitivo ai suoi dipendenti». Battaggia non ha mai fatto mistero del suo passato: furti, rapine, evasioni rocambolesche e la latitanza in Ecuador. Il delitto più grave, per il quale ha scontato molti anni in carcere, è l’omicidio del nomade Vincenzo Ciarelli, trovato cadavere in una vasca di Forte Pepe a Marghera. Era il 1988. Lo aveva ucciso per vendetta: l’uomo aveva schiaffeggiato la moglie davanti alla pescheria come intimidazione per convincerlo a pagare un pizzo. Tre giorni dopo lei era morta di ictus. «Non potevo perdonare e non mi pento» aveva raccontato Battaggia anni dopo in un’intervista.

Il legame

Anica aveva cambiato lavoro: da otto mesi faceva l’aiuto cuoca all’Israa di Santa Bona, a poche centinaia di metri dall’appartamento Ater di via Ronchese in cui si era trasferita insieme ai quattro figli, al compagno Luigino De Biase e alla madre. Ma evidentemente i legami con il vecchio titolare erano rimasti. Un aspetto su cui gli inquirenti stanno indagando. Il compagno Luigino sostiene che Anica, quel pomeriggio, dovesse incontrare qualcuno per sistemare una questione professionale relativa a un precedente lavoro. Il turno nella casa di riposo di Santa Bona finiva alle 14: la donna doveva pranzare a casa, cambiarsi e andare a questo appuntamento. Ma a casa non è più tornata. Era proprio Battaggia l’uomo che doveva incontrare? E che cosa è successo dopo? È quello che gli inquirenti stanno cercando di capire. Luigino l’ha sentita l’ultima volta al telefono alle 14.18. Poi più nulla: solo tanti messaggi e chiamate a vuoto, ore di angoscia, la denuncia di scomparsa ai carabinieri. Fino al tragico epilogo: il cadavere affiorato dal Piave e dall’autopsia la conferma di quello che i familiari avevano sospettato fin dall’inizio ovvero che Anica non si sia tolta la vita ma che sia stata ammazzata.

Ultimo aggiornamento: 16:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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