TREVISO - Vogliamo sapere la verità. Anica non si sarebbe mai uccisa: aveva quattro bambini. Era una mamma forte». I parenti della 31enne romena trovata morta domenica mattina sul Piave, a quattro giorni dalla scomparsa, non hanno mai creduto alla pista del suicidio. «Non si è buttata» ribadisce una familiare affacciandosi alla porta di un appartamento Ater di via Ronchese, nel quartiere di Santa Bona, dove Anica Panfile abitava insieme ai quattro figli e alla madre. Il compagno “Gigi”, sulla sessantina, non abita con loro: è stato lui a denunciare la scomparsa della donna giovedì ai carabinieri.
L’ultimo giorno
I parenti ripercorrono l’ultimo pomeriggio della 31enne, che da otto mesi lavorava come aiuto cuoco nella cucina della casa di riposo Ract di Santa Bona, in via Nicola di Fulvio. A poche centinaia di metri da dove abitava. E di pomeriggio, per arrotondare, andava a fare le pulizie nelle case private. «Ha lavorato in cucina fino alle 2 del pomeriggio. Poi è andata ad Arcade» spiegano, certi che Anica sia arrivata a destinazione. A confermarlo ci sarebbero alcuni messaggi. I tabulati telefonici sono uno dei fronti su cui stanno indagando i carabinieri. «È arrivata e poi non sappiamo altro. Chi indaga visioni le telecamere per ricostruire gli spostamenti di Anica». Giovedì pomeriggio i figli e la madre la aspettavano a casa. Il compagno, che pur non vivendo lì frequentava spesso la casa, si è allarmato e ne ha denunciato la scomparsa al comando dei carabinieri di via Cornarotta. «Quell’uomo sta dando la vita per questa famiglia, erano felici insieme» assicurano i parenti di Anica. La donna era separata da cinque anni: l’ex marito è un connazionale che, a quanto pare, vive in Romania. Qui a Treviso Anica si era rifatta una vita e aveva ritrovato l’amore. «Era contenta di stare con Gigi - racconta un barista che per anni ha gestito un bar in via Pisa, dove Anica aveva abitato fino a un anno e mezzo fa -. Erano una coppia affiatata nonostante il divario di età». Trentun anni lei, quasi sessanta lui, autotrasportatore da poco in pensione. «Passavano a bere il caffè o lo spritz, erano contenti - prosegue -. Lei era una bravissima ragazza, con un cuore buono». È così che se la ricordano in via Pisa.
Il ricordo dei vicini
Ieri pomeriggio un gruppo di mamme kosovare era seduto in cerchio mentre i bambini giocavano sulle giostrine. Neanche loro si capacitavano dell’ipotesi di suicidio: «Ci è sembrato strano: una mamma con quattro figli non si ammazza così, non li lascia da soli - dicono all’unisono -. La vedevamo qui al parco con i bambini o fuori da scuola, anche il compagno va spesso a prenderli. Ci dispiace tanto per la sua morte». Anche in via Ronchese, dove si era trasferita, la giovane mamma era riuscita subito a farsi volere bene dai vicini. Ilir Bardhi, di origini albanesi ma ormai trevigiano d’adozione, è ancora scosso: «Questa tragedia ci è piombata addosso come una bomba, un colpo inaspettato. La incrociavo spesso sulla porta mentre usciva la mattina presto per andare in casa di riposo e io rientravo dal turno di lavoro. Era sempre cordiale: non ho mai sentito liti o altro». Stessa reazione anche da parte degli altri condòmini, che si erano abituati a quel sorriso gentile di quella giovane mamma. «Si era allontanata altre volte - riferisce una vicina -. I motivi? Non li so, non eravamo in confidenza. Ma non era mai successo niente di tragico. Stavolta invece...». Il pensiero che Anica sia stata ammazzata brutalmente e poi gettata nelle acque del Piave non dà pace a chi la conosceva e la amava. E poi ci sono loro, i suoi quattro figli, rimasti senza mamma.
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