La lotta al granchio blu costa 10mila euro al giorno. I pescatori: «Siamo al collasso»

Venerdì 21 Luglio 2023 di Anna Nani
Giornalmente sono conferiti al mercato di Scardovari dai 40 ai 50 quintali di granchi: il triplo del solito

PORTO TOLLE - Pescatori dell’estremo Delta divisi da due stati d’animo: la rabbia di non sapere come risolvere la situazione e l’abbandono, perché, dicono, «come si fa a non presentarsi nel momento più critico della molluschicoltura polesana?». La domanda è rivolta all’assessore regionale Cristiano Corazzari, ma anche al presidente e al direttore dell’Ente Parco (Moreno Gasparini e Pako Massaro) che hanno mancato l’incontro di mercoledì in Prefettura. Le lagune di Porto Tolle, conseguentemente il Consorzio Pescatori del Polesine, si sta avvicinando al punto di non ritorno per l’invasione del granchio blu. Tanto che la prima azienda del distretto ittico per produzione di vongole rischia la chiusura con la fine dell’anno. Non è un “al lupo al lupo”, è una considerazione degli amministratori della struttura consortile. 

CATTURE RADDOPPIATE

«Giornalmente sono conferiti dai 40 ai 50 quintali di granchi solo al mercato ittico di Scardovari, mentre altri 20 sono consegnati a quello di Pila» racconta Angelo Stoppa, presidente della coop Adriatico. Si è passati da una 20ina di quintali giornalieri per la zona di Scardovari a quasi il triplo. «Ciò comporta un grande esborso economico – continua Stoppa -. Sono quasi due settimane che andiamo avanti così, con una spesa di circa 10mila euro al giorno a fronte di un forte calo di vendite perché abbiamo perso gran parte della produzione. Continueremo a farlo, sperando che quest’azione porti qualche beneficio, ma se dobbiamo continuare a questo ritmo fino a fine anno si parla di milioni di euro senza entrate». Interviene Paolo Mancin, presidente della Delta Padano e vicepresidente del Consorzio: «Forse nessuno si è ancora reso conto di cosa stiamo attraversando: non è un problema solo nostro. Quando avranno finito con le nostre lagune si prenderanno le spiagge, che ne sarà del turismo? Lo sanno cosa significa per questa zona che l’industria della vongola chiuda? Qui c’è una criticità sociale prima che ambientale». Nel 2022 erano stati investiti 5milioni in semina: «Tutto perso, faccenda che si ripercuoterà per anni. In Canarin lavoreremo ancora un paio di giorni poi la perderemo, un po’ come è successo per la moria del 2003 dove abbiamo impiegato anni a renderla nuovamente produttiva. È come se la nostra fabbrica fosse crollata e non è ancora venuto nessuno a sostenerci, a darci una pacca sulla spalla. La Regione è completamente assente e noi stiamo rischiando il posto di lavoro. Cosa dobbiamo andare a svuotare un container di granchi davanti a Palazzo Balbi?». «Anche con le cavane quando sono state distrutte ci siamo rimboccati le maniche per primi – sbotta Massimo Boscolo presidente della coop Po -. Abbiamo l’impressione che stiano sottovalutando un problema che si allarga a macchia d’olio. Ne hanno trovati anche nello scolo Giarette e si stanno spostando in mare distruggendo non solo gli allevamenti di cozze, ma pure il pesce. Incaricassero dei pescherecci di pescarli per poi smaltirli, ci mandassero dei ricercatori che studino la situazione magari trovando soluzioni alternative più valide». 

SETTORE A RISCHIO 

Pure molti pescatori sembrano non prendere sul serio la minaccia secondo Stoppa: «Soltanto un decimo della forza lavoro porta su granchi, non arrivano al centinaio. Forse gli altri non hanno compreso la gravità visto che continuano ad andare a quota al mattino, ma non si rimboccano le maniche per aiutarsi». 
Amareggiato anche Gianbruno Colacicco, vice della Po: «Stiamo valutando di convocare un’assemblea pubblica aperta a tutti i pescatori, dove inviteremo le massime autorità politiche del territorio perché vogliamo far sentire la nostra voce a chi in questo momento, nonostante tutto, è sordo al nostro grido di allarme. Ci rivolgeremo direttamente al presidente Zaia, dato che Corazzari mancava. Tutto il comparto è preoccupato, ci sono posti di lavoro a rischio: la nostra fine è segnata se nessuno ci darà supporto. Nei prossimi giorni chiederemo pure un incontro con i principali istituti di credito perché le famiglie andranno in difficoltà economica e non saranno più in grado di fare fronte a impegni spesi. Se continuerà questo silenzio, manifesteremo davanti alle sedi di tutte le istituzioni pubbliche che in questo momento fanno orecchie da mercante».
 

Ultimo aggiornamento: 17:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci