Medicina, il presidente dell'ordine sul numero chiuso: «Una follia toglierlo, università senza strutture adeguate»

Dopo Zaia, favorevole, interviene Crisarà: "30 mila medici l'anno? Metà resterebbero disoccupati. Soprattutto mancano le scuole di specializzazione. E la politica dimentica il problema sanità, i candidati non ne parlano"

Venerdì 9 Settembre 2022 di Roberta Merlin
Domenico Maria Crisarà, presidente ordine medici Padova: "Follia togliere numero chiuso"
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PADOVA - «Folle togliere il numero chiuso da medicina. L'università non ha le strutture e i mezzi per sfornare 30 mila medici all'anno. Metà di questi nuovi camici bianchi resterebbero comunque disoccupati». È un categorico no quello del presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Padova, Domenico Maria Crisarà, nei riguardi dell'ipotesi avanzata, tra gli altri, anche dal governatore del Veneto Luca Zaia di tornare ad aprire le porte della facoltà di medicina a tutti gli studenti che desiderano seguire la carriera di medico.
«Prima di tutto, non abbiamo le strutture per formare 60 mila medici - ha spiegato Crisarà - secondo, sarebbe impossibile collocare 30 mila medici l'anno, numeri alla lunga superiori alle reali necessità del Paese.

Senza contare che, proprio come abbiamo visto con la facoltà di legge, il rischio è di trovarci troppi avvocati, anche mediocri, che poi non trovano lavoro».

GLI SBOCCHI
«Il problema della carenza di medici - fa sapere il numero uno dei camici bianchi di Padova - non è infatti il numero di laureati, ma bensì i pochi posti nelle scuole di specializzazione. Nonostante infatti i provvedimenti in merito ad un incremento delle borse di studio regionali, continuano a restare fuori 3 mila medici l'anno. Camici bianchi che non essendo specializzati non possono lavorare in ospedale e dunque attendono un tanto ambito posto nei percorsi di specialità».
Chi, poi, passa il test e non trova posto a Padova, può comunque frequentare altre università. «Mia figlia, ad esempio - ha spiegato il numero uno dell'Ordine - si è iscritta a Verona». Dunque aprire oltre ai 380 a Padova non sarebbe necessario. Il nodo resta dunque quello dei non specialisti che non possono essere assunti dal Servizio sanitario nazionale e dopo sei anni di studi sono abbandonati in un limbo in cui non sono né carne né pesce.

L'EMERGENZA URGENZA
Un problema, quello della mancanza di medici che sta facendo collassare soprattutto i pronto soccorsi, dove ormai a prevalere sono i cosiddetti medici a gettone ingaggiati dalle cooperative. Professionisti che arrivano spesso anche dall'estero e per i quali la legge attualmente non prevede l'obbligo di iscrizione all'Ordine fino al 2023, togliendo così la possibilità di effettuare puntuali verifiche sulle lauree esibite, spesso presentate anche nella sola lingua originale. «Al pronto soccorso il lavoro per noi medici è diventato davvero insostenibile - conferma il dottor Mirko Schipilliti in servizio al Ps del Sant'Antonio -, dobbiamo decidere in pochi secondi un ricovero, non c'è il tempo di pensare, di osservare per valutare, una dimensione anche umana nel rapporto medico paziente importantissima per una corretta diagnosi».
E sul numero chiuso: «Confermo che il problema non è il numero chiuso, ma la carenza di posti nelle scuole di specialità. Alcune addirittura non sempre previste, come la farmacia ospedaliera. È inutile dunque aprite le facoltà creando illusioni ai futuri giovani medici. Un medico non specializzato cosa può fare? Il rischio sarebbe anzi fare scappare all'estero molti talenti con risvolti ancora più gravi per la nostra sanità».

I TRASFERIMENTI
«Molti dei medici della mia generazione - continua Schipilliti -, precari per anni e spremuti come limoni dal sistema sanitario nazionale, se ne stanno andando. Una fuga in particolare dalla periferia verso la città o il privato. Assumere medici e fare loro la possibilità di fare carriera è la soluzione per evitare l'emorragia di professionisti in atto». Il numero uno dei medici Crisarà si è detto, infine, «seriamente preoccupato per l'assenza di coinvolgimento dell'Ordine nell'attuale campagna elettorale locale». « La sanità sembra essere dimenticata anche dai candidati padovani. Si parla solo di guerra ed energia. Ma il benessere di un popolo si misura anche con la sua salute. La pandemia ce lo ha insegnato», conclude Crisarà.

Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 14:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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