Fuga dei medici, l'assessore Riccardi: «Via il numero chiuso, chi lavora nell'emergenza sia pagato di più»

Mercoledì 18 Maggio 2022 di Marco Agrusti
A destra, il vicepresidente regionale Riccardo Riccardi
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Non era quasi mai successo, visti gli scontri dialettici degli ultimi due anni e le lunghe giornate passate al tavolo delle trattative sindacali (l’uno seduto agli antipodi rispetto all’altro, seppur nel pieno rispetto delle opinioni dell’interlocutore) che il vicepresidente della Regione e assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, si trovasse d’accordo con il leader degli anestesisti Alberto Peratoner. È successo sul tema forse più caldo della sanità non solo locale, ma nazionale: il numero chiuso all’università, quello sbarramento che sembra così fuori dal tempo quando l’allarme per la mancanza di medici suona ogni giorno.

E dal secondo scranno più alto della Regione arriva anche un secondo messaggio: «Il Parlamento si muova». Un monito riferito in questo caso alle regole dell’intero sistema sanitario. 


GLI ATENEI


Riccardi prende la parola e come sempre lo fa senza girare troppo attorno ai concetti. «Sono assolutamente d’accordo - spiega -, sulla necessità di rimuovere il numero chiuso all’università. Ma non solamente per quanto riguarda le iscrizioni in sé: devono essere ampliate anche le partecipazioni alle borse di studio. Il numero chiuso va tolto, ma attenzione: non è l’unico problema che in questo momento abbiamo di fronte». Un’opinione, questa, che ricalca da vicino i concetti espressi dal leader degli anestesisti Peratoner. Ovvero: il numero chiuso è anacronistico e ostacola il processo di “creazione” di nuovi medici, ma in pentola c’è anche e soprattutto dell’altro. 


L’ATTACCO


«La vicenda del personale sanitario che oggi non si trova per i nostri ospedali - attacca Riccardi avvicinandosi al cuore della questione - è complessa, ma soprattutto figlia di una mancata programmazione durata molti, troppi anni». Ed è esplosa con i nodi fatti emergere dalla pandemia. «La programmazione - ricorda il vicepresidente e assessore regionale alla Salute Riccardi - è in capo allo Stato. Per questo dico che adesso è il momento che il Parlamento si dia una mossa». Sì, perché con un documento lungo 40 pagine, le Regioni hanno già formulato (la firma è del presidente della Conferenza, Massimiliano Fedriga, quindi si resta in Friuli Venezia Giulia) le loro proposte destinate allo Stato per provare a tamponare l’emorragia di personale. 


IL LATO ECONOMICO


Tornando dentro gli ospedali, ci sono reparti che soffrono di meno e altri alle prese con emergenze continue. Tra questi ultimi c’è sicuramente l’area dell’urgenza. «E qui si innesta - e non dev’essere sottovalutato - un vero problema di vita. Chi lavora nell’emergenza oggi praticamente fatica ad avere una vita al di fuori della propria professione. Ed oltre a questo, a differenza di ciò che avviene per altre specialità della medicina, non è neppure consentita l’attività in libera professione». Si viene quindi all’aspetto puramente economico, perché gli sforzi devono essere anche ricompensati. «Per questo - spiega Riccardi - l’elemento della retribuzione, nei confronti di chi lavora nell’ambito dell’emergenza, non può essere considerato alla pari rispetto ad altre attività mediche». In poche parole, chi lavora a rischio, con turni massacranti, dev’essere pagato di più. Punto.


IL RUOLO DEI TERRITORI


In questo contesto, che spazio ha una Regione - seppur a statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia - nell’operazione di tamponamento dell’emergenza medici? Si può fare poco, ma già si sapeva. «Noi come Regione - spiega ancora il vicepresidente Riccardo Riccardi - abbiamo la possibilità di agire con spazi minimi, come minimo può essere l’impatto delle nostre decisioni sul tema del personale sanitario. Possiamo aumentare le risorse aggiuntive (ed è vero che purtroppo queste ultime arrivano ai professionisti in ritardo), ma ricordiamoci che esiste sempre un tetto che riguarda il costo totale del personale». 


IL RUOLO DEL PERSONALE


La linea guida di Riccardi è quella ormai da tempi non sospetti: il ruolo del privato accreditato non dev’essere allontanato - o peggio addirittura denigrato - ma dev’essere sfruttato in modo efficiente per aiutare il servizio pubblico. «Il privato rappresenta una componente importante del sistema tutto - è la conclusione espressa da Riccardi -, ma su questo tema concordo con Giorgio Simon (l’ex direttore generale dell’AsFo che era intervenuto ieri su queste pagine): dev’essere utilizzato sotto una forte mano pubblica. Perché è il pubblico che salva le vite nelle situazioni di estrema urgenza. 

Ultimo aggiornamento: 16:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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