Strage dei ragazzi a Portogruaro, la zia di Giulia: «Altin correva troppo, doveva essere fermato»

Martedì 12 Dicembre 2023 di Teresa Infanti
Strage dei ragazzi a Portogruaro, la zia di Giulia: «Altin correva troppo: doveva essere fermato»

PORTOGRUARO - «Parliamo di tutto ciò che costruttivamente può dare uno stop a queste tragedie ma ricordiamoci che dietro ci sono famiglie travolte da un dolore indescrivibile e che sono morte dentro per sempre». È stato condiviso da molte persone, il lungo post su Facebook scritto da Alessandra De Guilmi, zia materna di Giulia Di Tillio, la giovane ragazza deceduta nel terribile incidente dell'Immacolata che ha scosso tutta la Venezia orientale.

VELOCITÀ SOTTO ACCUSA

Insegnante anche lei come la sorella Dorotea, nel post sembra voler mettere un freno ai tanti commenti che si leggono in questi giorni sui social e che descrivono i tre ragazzi deceduti nella Bmw inabissata nel Reghena con toni poco rispettosi. «Molti hanno ragione: Altin non doveva correre, doveva avere più rispetto della sua vita e di quella degli altri, doveva essere fermato da chi riceveva le segnalazioni per le sue corse folli, così da salvare se stesso, chi ha portato via e avrebbe potuto portare via. Quello che Giulia gli diceva sempre. Ma quando si è innamorati si pensa di poter salvare chi si ama. Giulia scrive - era dolce, sempre pronta ad aiutare chiunque ne avesse bisogno, anche chi conosceva appena; soffriva per chiunque vivesse un dolore; pensava che nella vita i soldi non avessero valore ma che ciò che contava era la bontà d'animo, le persone; rideva e si commuoveva delle piccole cose. Altin aveva perso il fratello da sei mesi e non era mai riuscito a superare quel dolore che lo stava mangiando dentro lentamente. Quel dolore che la mia piccola Giulia credeva di poter far svanire con il suo aiuto. Fin da piccolo Altin scrive - si era occupato del suo fratellino, in Kosovo, mentre suo padre all'estero cercava, lavorando duramente, di racimolare i soldi necessari per loro e per portarli via da scenari continui di guerra. Mi raccontava che, già a otto anni, doveva occuparsi del raccolto per venderlo poi in paese. Faceva da padre al fratellino che per lui era l'estensione di se stesso. Averlo perso, sei mesi fa, lo aveva ucciso dentro. Non si era fatto aiutare anche da chi, professionista, avrebbe potuto far svanire quella rabbia. Nessuno in famiglia sapeva corresse. Sapevamo dell'amore smisurato ed esagerato per quell'auto ma non per quella follia che ha dato inizio al lacerante dolore di tre famiglie. Provo rabbia per ciò che è accaduto e poteva essere fermato se solo non gli si fosse più dato modo di guidare, se solo Giulia non avesse taciuto con noi. Non riesco a perdonarlo per ciò che ha fatto ma lui non era solo questo e so che mia nipote avrebbe voluto che non fosse solo questo agli occhi del mondo. In tutto questo disumano e infinito dolore che ci sta travolgendo, scorrono fiumi di parole che elargiscono giudizi sulle tre vittime messe tutte in un unico calderone, private di tutte quelle piccole e grandi sfaccettature che componevano la loro vera essenza. Giudichiamo il gesto ma conclude - non permettiamoci di sapere chi ci sia dietro a quel dramma».
Intanto, la comunità kosovara ha iniziato la raccolta fondi per permettere il trasporto della salma e il funerale di Altin Hoti.

Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 10:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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