L'hub di Cona, i segreti svelati in aula da una testimone: «Gli operatori firmavano per i migranti assenti per non perdere soldi»

Giovedì 15 Giugno 2023 di Nicola Munaro
L'hub di Cona

CONA - Secondo le regole dell'accoglienza, ogni giorno i migranti ospitati nell'hub di Conetta avrebbero dovuto firmare la propria presenza. Una sigla utile alla Prefettura per fornire la diaria in base al numero dei richiedenti asilo che lì vivevano. Spesso, però, era impossibile raccogliere tutti gli autografi e così erano gli stessi operatori a firmare per conto dei migranti, secondo una stima pressapochista. Firme che - come emerso nell'udienza di ieri, 14 giugno, nel processo contro cooperative e Prefettura sulla gestione dell'hub veneziano - servivano per ricevere i fondi statali.

E quindi andavano fatte.

LA TESTIMONIANZA
Sul banco dei testimoni si è seduta una delle coordinatrici di Edeco, ex Ecofficina, la cooperativa padovana mangia-appalti nell'epoca dei migranti. Lei, poi licenziata dopo una lunga malattia, ha vuotato il sacco di fronte al tribunale Collegiale presieduto dal giudice Stefano Manduzio. «In teoria ogni giorno il richiedente doveva firmare un foglio presenza - ha detto - Siamo arrivati ad avere 1.600 persone: bisognava immaginarselo quel posto», cioè l'hub. I fogli si trovavano su dei banchetti posizionati negli orari di pranzo e cena «ma, per mille problematiche, era impossibile avere un controllo». Ecco che allora «si cercava di dire che gli operatori scarabocchiavano, firmavano, al posto di chi non aveva firmato - ha proseguito l'ex operatrice - Se sul foglio-presenza apparivano 1.000 firme su 1.600 eravamo fortunati, lo completavamo a firma noi operatori». Il perché lo ha chiesto il giudice Manduzio. Risposta: «Se non risultavano presenti (i migranti, ndr) non sarebbe stata pagata la loro quota dalla prefettura - ha risposto - Ci diceva Simone Borile che dovevamo sistemare, è una vicenda difficile da comprendere per chi non c'era». E il numero di migranti? «Gli operatori di notte avevano più percezione, ma erano fatte in più perché non c'era contezza di quanti fossero». Difficile anche l'ambiente: «Ho vissute tre situazioni difficili, almeno una vorrei raccontarla - ha ricordato - Un ragazzo Gambiano è entrato in ufficio spintonando, con un pezzo di legno intagliato con il mio nome per uccidere me, era agitato». Nella testimonianza anche le visite, preannunciate secondo il pm: «Sapevamo il giorno prima da Borile e si sistemava», la versione della donna.

A PROCESSO
In aula i quattro responsabili di Edeco: l'amministratore di fatto Simone Borile, la moglie e vicepresidente Sara Felpati, il presidente Gaetano Battocchio e la direttrice Annalisa Carraro. Per loro l'accusa è di truffa e frode. Ma anche l'ex prefetto Domenico Cuttaia e i viceprefetti Vito Cusumano e Paola Spatuzza, accusati di rivelazione di segreto d'ufficio e falso.

      

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