Steve Quintino, «Mi dispiace per il ciclista morto, volevo solo correre forte»

Mercoledì 5 Ottobre 2022 di Maria Elena Pattaro
Steve Quintino e l'auto dopo la folle corsa
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TREVISO - «Ho preso le macchine per correre. Il ciclista investito? Ho colpito il marciapiede. Mi dispiace, mi dispiace». Steve Quintino ha deciso di rispondere alle domande del gip, alternando momenti di lucidità ad altri di delirio. Il tutto intervallato da tanti «non so», «non ricordo». L'interrogatorio di garanzia si è svolto nel primo pomeriggio di ieri nel carcere di Santa Bona, dove il 19enne di Riese è attualmente recluso per il putiferio scatenato sabato mattina sulle strade della pedemontana.

Il pubblico ministero Barbara Sabattini ha chiesto che rimanga in cella. Il suo difensore, l'avvocata Paola Miotti ha chiesto invece una misura alternativa: la custodia cautelare in una comunità di recupero o in una struttura idonea a trattare i disturbi che verranno diagnosticati. «Ha delle oggettive difficoltà, non è facile instaurare un colloquio con lui. Oggi (ieri, ndr) è parso chiaro a tutti che non siamo di fronte a una persona pienamente padrona delle sue facoltà mentali» ha dichiarato l'avvocata al termine dell'interrogatorio. Accertare le condizioni mentali del 19enne sarà infatti un aspetto cruciale del procedimento: la difesa ha chiesto una perizia psichiatrica. Il gip Piera De Stefani, al termine dell'udienza di ieri ha convalidato l'arresto di Quintino ma si è riservata sul tipo di misura cautelare.

NESSUNA SPIEGAZIONE
Da sabato scorso il 19enne è rinchiuso in cella a Santa Bona e sarebbe sottoposto a una terapia che gli viene somministrata dai medici della casa circondariale. Le accuse sono pesantissime: omicidio stradale, tentato omicidio e rapina, per quei quaranta minuti di follia in cui ha rubato tre auto, minacciando le rispettive proprietarie, travolto e ucciso un pensionato in bicicletta e speronato la gazzella dei carabinieri rischiando di ammazzare i due militari a bordo. Un delirio a cui il ragazzo non ha saputo fornire una ricostruzione coerente. Alternava momenti di lucidità ad altri di delirio: in quell'ora di interrogatorio il ragazzo ha parlato poco più di cinque minuti, fornendo risposte sconnesse al gip Piera De Stefani. A una domanda ha risposto recitando la tabellina del tre. Mentre del 67enne Mario Piva, il ciclista falciato a San Zenone ha raccontato di aver «colpito il marciapiede». Il tutto mescolato a farneticazioni che ripete da ormai tre giorni: l'arcangelo Gabriele che gli sarebbe apparso proprio quella mattina, la missione di salvare il mondo. Invoca la mamma, ripete che gli dispiace, pur non avendo consapevolezza della reale gravità di quello che ha combinato. «Non c'è una spiegazione apparente alla sua condotta. È stata una cosa repentina. Se sia stato un raptus o l'esplosione di un disturbo precedente sarà uno psichiatra a stabilirlo» afferma l'avvocata, che ipotizza una forma di schizofrenia con manie di persecuzione. Nell'ultimo periodo le avvisaglie di un disagio c'erano, dice la famiglia «ma le abbiamo prese sotto gamba».

LO CHOC DELLE VITTIME
Da un lato le sorti del 19enne, dall'altro i traumi delle vittime. «Sono ancora terrorizzata, da tre giorni non chiudo occhio. Rivedo quell'inferno: stavo parlando con i carabinieri quando lui li ha speronati con la mia macchina». A raccontare i postumi di quell'incubo è Maria, la 62enne rumena a cui il ragazzo ha rubato la Ford Ka al semaforo di Onè, minacciandola con una pistola inesistente: «Dammela o ti sparo». Oltre allo choc, adesso la donna (che vive da sola e per campare fa tre lavori) si trova a dover fare i conti con i danni materiali: «Non ho più la macchina, me l'ha distrutta. Sono disperata perché mi serviva per andare al lavoro e non posso permettermene subito un'altra. Spero che qualcuno mi aiuti».

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Ultimo aggiornamento: 17:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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