Omicidio del Piave. Anica Panfile, la telefonata di Franco Battaggia ai dipendenti: «Mi arrestano ma tenete aperta la pescheria»

Giovedì 18 Gennaio 2024 di Valeria Lipparini
Omicidio del Piave. Anica Panfile, la telefonata di Franco Battaggia ai dipendenti: «Mi arrestano ma tenete aperta la pescheria»

SPRESIANO (TREVISO) - «Ale, mi stanno portando dentro. Non so cosa sta succedendo ma voi non chiudete la pescheria, andate avanti». Questa la telefonata che Franco Battaggia ha fatto martedì pomeriggio a un suo stretto collaboratore quando i carabinieri sono andati a prelevarlo nel capannone in zona industriale di Spresiano. L’ex primula rossa della mala del Brenta, accusato dell’omicidio della romena 30enne Anica Panfile, è in cella da martedì.

Poche parole che sottolineano la sorpresa di quello che è stato un super latitante. Tanto che gli investigatori temevano che potesse riprovarci di nuovo. Per questo è scattato il fermo.

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LA REAZIONE
La reazione di chi lavora per lui è stupita. Quasi incredula. Nella pescheria “El Tiburon” di Spresiano ieri mattina si lavorava, come ogni giorno. Come se il “capo” non fosse finito in galera con un’accusa pesantissima. Uno dei dipendenti, dietro al bancone, allarga le braccia: «È stata una notizia che è arrivata come una mazzata. Non ce lo aspettavamo. E nemmeno Franco se lo aspettava. Noi andiamo avanti. L’attività non chiuderà nemmeno un giorno, nel rispetto di quanto ci ha detto Franco. Restiamo a lavorare e lo facciamo anche per lui». Le altre due dipendenti, però, intervengono subito appena hanno sentore che nel negozio è entrata una giornalista. E invitano la cronista ad uscire. «Se è qui per comperare pesce la serviamo subito. Altrimenti è pregata di accomodarsi. Quella è la porta. Noi non abbiamo nulla da dire. Nessuno rilascerà dichiarazioni». Il tono è tutt’altro che amichevole. Anche i pochi clienti che ieri mattina si trovavano in pescheria ne sono sorpresi. Una signora dice, quasi sottovoce: «Lo vedevo dietro al bancone, trafficare con le cassette di pesce. Molte volte ci serviva personalmente e spesso applicava uno sconticino in più alle clienti affezionate. Devo dirle che ci sono rimasta male, non pensavo che potesse finire in galera». Mentre un uomo, che sta comperando un sacchetto di cozze, si schernisce: «Non so che dire. Lo conosco per come si conosce un commerciante dal quale si compera spesso. Mai una fregatura, mai un conto troppo salato. Ma di più proprio non posso dire».

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AL CAPANNONE
All’esterno del capannone, in zona industriale a Spresiano, dove si lavora il pesce che viene venduto in pescheria, le porte sono sbarrate. Ci sono alcune auto all’esterno. «Oggi (ieri ndr.) tutto è andato avanti come al solito - conferma un uomo che fa capolino con la testa un attimo - ma non abbiamo tempo di parlare». «Abbiamo saputo anche noi dell’arresto. Non conoscevamo lei e non vedevamo mai lui. Aveva la sua attività a Spresiano, ma nulla di più. Confidiamo nelle indagini della Procura» dice il sindaco di Spresiano, Marco Della Pietra. Mentre ad Arcade il paese è sconvolto. «Abitavamo a due passi da un uomo che dicono abbia ucciso una povera donna. Non sappiamo come sia andata. Vediamo soltanto la sua casa chiusa da mesi. Il vialetto è un ammasso di immondizia. Non sappiamo nulla di più» dice un dirimpettaio che sta uscendo dalla propria abitazione. Sale in auto e sparisce. Il sindaco di Arcade, Domenico Presti, lo conosceva bene. Racconta: «Forse sono uno dei pochi che lo conosce bene. Ho lavorato nell’Arma per 20 anni e sapevo qual era il passato di Battaggia. Un giorno, quando ero ormai sindaco, mi sono fermato a bere un caffè proprio di fianco a casa sua. Non sapevo che abitasse lì ma l’ho scoperto un attimo dopo quando è uscito. Ci siamo salutati. Nulla di più. Qui, ad Arcade, non ha mai creato alcun problema». Poi, dice: «Il mio pensiero va ad Anica e ai suoi 4 figli che sono rimasti senza una mamma»

Ultimo aggiornamento: 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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