Battaggia preparava la fuga: la carta per l’espatrio chiesta dopo il delitto

Giovedì 18 Gennaio 2024 di Maria Elena Pattaro
I carabinieri alla pescheria El Tiburon di Franco Battaggia

SPRESIANO La carta d’identità valida per l’espatrio. Scaduta da due anni e rinnovata, guarda caso, il giorno dopo il ritrovamento del cadavere di Anica. Segno, per gli inquirenti, che Franco Battaggia stava già pensando alla fuga.

E in questi mesi di inchiesta il 77enne avrebbe mosso altre pedine per tenersi aperta questa possibilità. Del resto lui è un esperto di evasioni e latitanze, tanto da essersi meritato il soprannome di “primula rossa” del Nord Est. Il pericolo di fuga era concreto, secondo il pm, che martedì lo ha fatto arrestare con un provvedimento urgente. L’indizio documentale che corrobora il proposito di fuga è la carta d’identità, valida per l’espatrio rinnovata dal “re del pesce” con un tempismo quanto mai sospetto. Il documento era scaduto nel 2021 eppure il proprietario non se ne era mai curato. Fino al 22 maggio, quando il corpo della 30enne è riaffiorato da un isolotto sul Piave. Dove lui, secondo l’accusa, l’aveva gettato simulando un suicidio per annegamento. E dove, peraltro, il frame di una telecamera installata lungo il Piave, vicino al luogo del ritrovamento, attesterebbe la presenza del 77enne proprio il giorno della scomparsa della vittima. Un altro indizio importante del puzzle. Tornando alla carta di identità: è una delle spie indicatrici dell’intenzione di fuga, secondo gli investigatori. L’altro elemento da considerare è il profilo criminale di Battaggia.

CURRICULUM CRIMINALE

Il 77enne, veneziano d’origine e trevigiano di adozione, ha alle spalle un altro omicidio per vendetta, due evasioni e due latitanze in Sudamerica. Fu un grande protagonista della cronaca nera degli anni Ottanta e Novanta. L’apice della notorietà lo raggiunse nel 1988 uccidendo Vincenzo Ciarelli, commerciante rom e trafficante di droga reo di aver schiaffeggiato sua moglie fuori dalla pescheria di Treviso. La donna era morta di ictus pochi giorni dopo. Così Battaggia aveva deciso di vendicare quell’azione intimidatoria. Il cadavere di Ciarelli venne trovato in una vasca di Forte Pepe, a Tessera (Venezia). Battaggia, condannato a 18 anni di carcerE scappò in Francia, venne catturato in Svizzera e riuscì a fuggire a piedi dal furgone cellulare per poi far perdere le proprie tracce. Ricomparve sui radar nel 1993: braccato dall’Interpol, dieci giorni dopo riuscì a scappare di nuovo. L’anno dopo, la terza cattura, sempre in Ecuador. Poi il rientro in Italia, dove saldò il conto con la giustizia, con la promessa di non uccidere più. Un impegno infranto, secondo la Procura, che ora lo accusa di omicidio volontario e tentata soppressione di cadavere. Anche se Battaggia è ormai anziano e sono finiti i tempi d’oro della “mala” veneta, questo non significa che non sia in grado di darsi alla macchia, secondo gli investigatori.

IL QUADRO

Battaggia è stato fin da subito il sospettato numero uno dell’omicidio di Anica Panfile, sua ex dipendente nella pescheria “El Tiburon”. «In questi mesi di indagine abbiamo raccolto gravi, precisi e concordanti elementi indiziari nei confronti dell’indagato, corroborati dalle risultanze della consulenza medico-legale» ha affermato il procuratore Marco Martani. La relazione autoptica finale sul corpo della 30enne, depositata nei giorni scorsi, era il tassello mancante per chiudere il cerchio sul 77enne. A suo carico una serie di indizi: l’uomo è stato l’ultimo ad averla vista viva il giorno dell’omicidio; a casa sua i Ris hanno trovato tracce biologiche della vittima e anche una micro-traccia di sangue. C’è poi il frame della telecamera.

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