Invasione dei kebab,
uno spiedo di polemiche

Venerdì 3 Aprile 2015 di Daniela Boresi
Un kebab a Padova: problema di ordine pubblico
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Da quando sono sbarcati in Italia hanno suscitato polemiche. Per i kebab, il fratello straniero dell’oriundo (e c’è chi giura più sano) "panin onto", non c’è pace.

C’è chi li taccia di poca igiene, chi ne contesta la "deregulation" con cui possono aprire e chiudere e chi ancora sospetta possano essere punti di aggregazione di malavita.



Come il sindaco di Padova Massimo Bitonci che con l’ordinanza "area stazione" di fatto costringe questi esercizi a chiudere alle 20. L’ordinanza lo impone a chiunque somministri alimenti solo per asporto, ma il provvedimento interessa anche distributori automatici di cibi e bevande, le attività artigianali e i market etnici.

Ordinanza che ha trovato una fiera resistenza nei giovani di Facebook che hanno lanciato il "kebab delle 20.01", tutti in stazione a mangiare panini sfidando il diktat di Bitonci.



In effetti tra tanti che guardano con sospetto questi esercizi, ci sono altrettanti che li apprezzano, tanto che in Veneto in pochi anni sono cresciuti come funghi. Quanti? Impossibile fare una conta, qualche migliaio sospetta la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), ma essendo artigiani e soprattutto evitando spesso di iscriversi a questa o a quella confederazione, restano del tutto sconosciuti.



«Direi che non possiamo definirli integrati all’interno delle categorie - spiega Filippo Segato, Fipe Veneto - Hanno regole, ma non come i pubblici esercizi: non fanno alcun corso professionale, non devono avere licenze come un bar. Sottostanno alla normativa degli artigiani: possono vendere ciò che producono, ma non possono fare somministrazione».



L’ordinanza Bitonci non è la prima del suo genere. La Lombardia ci aveva provato nel 2009 a mettere un tetto all’orario di apertura. Recentemente in una regione che leghista proprio non è come la Toscana, è scoppiata la guerra tra la Confcommercio e il Comune di Pisa. Oggetto del contendere naturalmente i kebab: sono troppi, non rispecchiano i consumi alimentari locali e fanno odore.

«Del resto è inevitabile che nascano tensioni - aggiunge Segato - Da una parte c’è un settore oberato di vincoli e dall’altra l’anarchia. É la liberalizzazione che ha creato problemi. In zone come le stazioni nascono come i funghi e spesso attraggono la malavita. In altri luoghi delle città, pensiamo al centro storico di Padova, invece sono frequentati da studenti e da giovani. Il problema diventa quindi di ordine pubblico ed è su quello che l’amministrazione dovrebbe intervenire».



Ma non è il solo nodo da sciogliere. Anche l’aspetto igienico è stato spesso oggetto d’attenzione. Il mese scorso Altroconsumo (Associazione consumatori) ha messo sotto la lente il prodotto: non sempre la carne è quella che viene indicata (pollo al posto di vitello, ad esempio), la pulizia delle verdure e la conservazione delle salse lascia a desiderare. Ma non è così per tutti i rivenditori.



«É il cliente che deve intervenire, che deve chiedere la tracciabilità delle carni, questo è il vero problema - sottolinea Bruno Bassetto, macellaio di origine trevigiana, scrittore e culture della carne (la sua specialità "battuta" lo sta portando in tutto il mondo) - Alla gente basta che sia tenera, che carne sia e da dove arrivi non interessa a nessuno. Cosa ci sia dentro a quel panino, che premetto non ho mai mangiato, nessuno lo sa. E questo è il primo grande errore».



In effetti cosa esattamente farcisca quella ridondante sacca di pane è un mistero. Ufficialmente il caratteristico rotolone di carne che gira nello spiedo verticale dovrebbe contenere carne di vitello, tacchino e pollo, agnello. Dai controlli effettuati anche in Veneto è spesso emerso che di vitello non c’è quasi mai neppure l’ombra, ma non ci sono carni di maiale (del resto è un alimento creato per un pubblico musulmano) o di cavallo. Ma neppure di agnello come vorrebbe l’origine turca. Poi ci sono salse (maionese, ketchup, senape) e verdure crude (insalata, pomodori, cipolla e cetrioli). Quest’ultimo è il vero punto debole: la maggior parte dei controlli effettuati evidenziano alte cariche batteriche.



Secondo aspetto da non trascurare i clienti: nelle zone più degradate, o vicino alle stazioni, sono quasi esclusivamente immigrati (va considerato che un panino costa dai 3 ai 5 euro e sazia come un pranzo). Poi ci sono i kebab di lusso. «Un paio per città - aggiunge Segato - Sono quelli che attirano gli studenti. Diciamoci la verità: se da una parte li obbligassero a seguire le nostre regole, quindi non lasciare la porta aperta alla concorrenza sleale, e dall’altra ci fosse un controllo serrato della "popolazione" che gravita loro attorno, di problemi ce ne sarebbero meno».
Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 06:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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