PADOVA - A meno di 24 ore dal congresso veneto, il consigliere regionale Fabrizio Boron è stato ufficialmente messo fuori dalla Lega. Nuovo colpo di scena in seno al Carroccio che oggi dalle 8.40 alle 18.30 all’hotel Sheraton di Padova è chiamato ad eleggere il nuovo segretario regionale. Dopo il passo indietro dell’assessore regionale Roberto Marcato, a contendersi la guida regionale del movimento saranno il commissario uscente, e parlamentare padovano, Alberto Stefani e l’ex deputato trevigiano Franco Manzato. A precedere le votazioni saranno gli interventi del governatore Luca Zaia e dei due candidati. Il risultato finale dovrebbe arrivare verso l’ora di cena.
Ieri, però, a tenere banco è stata la “messa alla porta” definitiva di Boron.
«È perfino banale dirlo, ma qui siamo di fronte a un’espulsione ad orologeria»: l’ormai ex esponente leghista è appena tornato dall’ufficio postale dove ha ritirato la raccomandata con cui il Comitato di garanzia e disciplina della Lega gli ha comunicato che il suo ricorso contro l’espulsione dal partito è stato respinto.
«Lo ripeto – ha rincarato la dose il consigliere regionale – considero la mia espulsione del tutto arbitraria. In primo luogo perché per espellere un militante è necessario aprire un’istruttoria e questa non è mai stata aperta. È come se mi avessero condannato a morte senza processarmi. In seconda istanza, l’accusa di non aver versato i contributi non regge. Lo statuto infatti, dice che questi devono essere versati su base volontaria. Quindi di che cosa stiamo parlando?». Boron è un fiume in piena e punta direttamente il dito contro Stefani. «Come prima cosa – ha continuato – se ci fosse ancora la Liga Veneta, un commissario uscente non si sarebbe candidato alla segreteria. Non solo: se la Liga fosse rimasta quella che era e non un partito che prende gli ordini da Roma, non si sarebbe arrivati a questo punto. Io ricordo scontri anche durissimi, ma espulsioni con queste modalità non si sono mai viste. Questi signori considerano il movimento una cosa di loro proprietà. Stefani si è scritto le regole da solo e ha eliminato chi dissentiva da lui per non avere intralci nel farsi eleggere segretario. Ultimamente lo abbiamo sentito parlare di ascolto della base e di condivisione. Perché tutte queste cose non le ha fatte nei mesi scorsi? E perché dovrebbe farle in futuro?».
Nonostante, per il momento, sia calato il sipario sulla sua esperienza con la Lega, Boron non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla politica, anzi. «Intanto vediamo come andrà il congresso – ha concluso –. Dirò di più, se la raccomandata fosse arrivata tra qualche giorno, io sarei andato a votare allo Sheraton e avrei votato Manzato. In tutti i casi, la mia attività prosegue perché ancora per due anni e mezzo resto consigliere regionale e per lavorare in favore del Veneto e dei padovani non è necessario avere la tessera di questa Lega in tasca. Poi si vedrà».
Ieri Stefani ha preferito non replicare. Ora resta da capire come si esprimeranno i militanti. Il prevalere di una Lega a trazione salviniana (Stefani) o di un Carroccio più legato al territorio (Manzato) potrebbe essere infatti determinante per riaccendere o meno il malcontento che nella base leghista, e non solo, ancora cova sotto la cenere.
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