Federico Facchin, il biologo marino delle Dolomiti: ​«Così ho incontrato le mie balenottere nel mar di Norvegia» Foto

Domenica 20 Novembre 2022 di Alessandro De Bon
Federico Facchin, il biologo marino delle Dolomiti

A Tromso fa freddo. Non quanto dovrebbe - nemmeno lì - ma fa freddo. E a Tromso, 70 mila abitanti a 2700 chilometri a nord dell'Alpago, c'è Federico. A dire il vero Federico è a Seglvik, uno starnuto di casette colorate aggrappato alla roccia norvegese, cento chilometri ancora più a nord. A Seglvik non vive nessuno, a parte Federico. Federico e le balene, titolerebbe Folco Quilici. «Non ci vive nessuno - conferma - ma arriva un sacco di gente. E la Disney». E la gente, i turisti, i ricercatori, la Bbc, la Disney, i sognatori, trovano lui, Federico Facchin, 31 anni, il biologo marino delle Dolomiti.

Un affascinante ossimoro che il ragazzo di Farra D'Alpago ha costruito da sé, sogno dopo sogno, partendo dalle sponde del lago di Santa Croce e arrivando tra i fiordi norvegesi dopo aver solcato oceani, savane, mari e barriere coralline.


LA MISSIONE
Ed è lassù che qualche giorno fa il suo lavoro e la sua passione hanno fatto letteralmente uno scatto - quello decisivo - verso il sogno: fotografare le megattere. «Da non so quanti anni lo sfondo di tutti i miei devices era una foto della coda di una megattera - racconta Federico - come fosse l'obiettivo costantemente dietro le quinte delle mie giornate e del mio lavoro. Avrei potuto arrivarci pagando: con 5 mila euro a settimana ti fanno immergere e fotografare. Invece ci sono riuscito con le mie forze». Quali? «Ad esempio l'essere disponibile a cambiare quattro lavori in un solo anno. Fino a luglio ero professore di chimica e biologia a Cortina e al Catullo di Belluno, poi sono partito per la Norvegia. Sono andato a Andenes, dove ho fatto la guida naturalistica per gli avvistamenti di capodogli. E poi eccomi quassù, a Seglvik, dove non vive nessuno ma ogni giorno arrivano persone che vogliono vivere queste esperienze, e io le accompagno. Faccio la guida subacquea, ma lavo anche i piatti. Solo che di quello non metto la foto su Instagram».


IL LAVORO
Come si diventa e cosa fa un biologo marino? «Il primo passo è stato Scienze Naturali, per sbaglio: la domenica sera ero iscritto a Architettura a Venezia, con tanto di appartamento. Poi mi sono chiesto cosa stessi facendo, ho scoperto che a Trieste Scienze Naturali era ancora aperta e sono andato là. Forse con Architettura la vita sarebbe più facile, ma anche meno divertente. Poi dopo la triennale ho sudato un bel po' per riuscire a entrare all'Oceanografic di Valencia, con soli quattro posti disponibili. Lì ho lavorato con beluga, delfini, trichechi: bello ma difficile. Se fai ricerca su un beluga e quel giorno il beluga non vuole collaborare Poi sono stato ricercatore associato a Hong Kong e dottorando in Cina. Potrei dire che il lavoro del biologo marino è trovare lavoro: mettendo in ordine il computer ho trovato 1.461 mail che nell'oggetto contenevano curriculum vitae. È un continuo proporsi, scrivere progetti, chiedere... Cerco di essere pagato per fare un lavoro che in molti pagherebbero per poterlo fare. Volevo candidarmi per un posto da guida alle Canarie e distrattamente avevo letto 600 euro al mese. Poi mi sono accorto che non era lo stipendio, ma quel che avrei dovuto pagare io».


LA FELICITÀ
Come è arrivato il giorno dell'incontro? «Questo è il periodo in cui i banchi di aringhe entrano nei fiordi, seguiti da orche e megattere affamate. L'altro giorno ero in acqua, davanti a me c'era una palla fitta di aringhe e all'improvviso, nascosto da quel banco, è sbucata una megattera, un treno di 15 metri. Poi, in poco, si è scatenato un far-west tra aringhe e orche». L'incontro dei sogni però è stato quello con la megattera. «Il giorno più bello della mia vita. Eravamo solo in due in acqua, e con noi una mamma e il suo cucciolo di 3 o 4 anni. Il piccolo veniva verso di noi per giocare, lei lo lasciava fare, ma ci teneva d'occhio: appena il cucciolo si avvicinava troppo si metteva tra lui e noi, allontanandolo. Poi tornavano. Il fatto che sia durata mezzora significa che quell'interazione meravigliosa interessava anche loro; avessero voluto andarsene in 5 minuti sarebbero uscite dal fiordo, invece si stavano divertendo. È tornando in barca, vedendo le facce dei nostri amici che abbiamo capito che era successo qualcosa di straordinario».
Com'è nata la passione per la fotografia naturalistica? «Da bambino adoravo i documentari, in Alpago le orche potevo vederle solo così Il mio sogno era quello, equivaleva al diventare astronauta. Poi alla triennale gli amici mi hanno regalato la macchina fotografica, e ho iniziato: fiori, api, lucertole Portandomela sempre in viaggio piano a piano ho affinato la tecnica, l'editing e trovato il mio stile».


IL FUTURO
La prima foto che l'ha convinto? «Quella a una pulcinella di mare che dorme, con il sole di mezzanotte islandese. L'ho studiata, preparata e sono rimasto lì sei ore per riuscire a scattarla. Quando l'ho vista mi sono detto: Ok, ci siamo. Quello con gli animali è un vero e proprio corteggiamento: a volte devi rubargliela, la foto, altre sembra che siano loro a chiederti di fargliela bella. In Sud Africa mi capitò di trovarmi 4, 5 leonesse in mezzo alla strada, che dormivano. Ero in ritardo, ma non potevo far altro che aspettare. Poi mi sono voltato e dietro la mia auto c'era il maschio. Sembrava mi dicesse dai, scendi dall'auto. Ho pensato fosse il caso di chiudere il finestrino. Quando si è alzato e il sole lo ha incorniciato da dietro, ho scattato». Solo il Covid è riuscito a fermarlo virando verso l'insegnamento. «È un lavoro meraviglioso e sono certo che lo rifarò. Hai in mano la responsabilità di incidere sulle vite di ragazze e ragazzi, non per onnipotenza, ma per la possibilità di trasmettere qualcosa che può cambiargli la vita». A cinque metri da una megattera e un millimetro dalla cattedra. E ora? «Non lo so. Non credo saprò mai fermarmi, smettere. Tra le ipotesi c'è quella di far parte di una crew di Netflix per girare una serie nel Pacifico, per cinque anni. Dovevamo partire anni poi arrivò il Covid. Vediamo Mi sono tolto soddisfazioni incredibili, ma non è facile. Ogni volta è ripartire da zero, capire la lingua, le tasse, le banche, trovare casa. E soprattutto sì, ok, conosci il mondo, ma sei sempre solo». Federico e le balene.

(sito web federicofacchin.com, profilo Instagram @oceanic.fede.)

Ultimo aggiornamento: 10:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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