Reparto Geriatria sotto la lente: morte due donne risultate positive

Mercoledì 10 Febbraio 2021
Reparto Geriatria sotto la lente: morte due donne risultate positive
IL FOCOLAIO
ROVIGO Due dei 30 pazienti risultati positivi nel focolaio scoppiato nella Geriatria dell'ospedale di Rovigo - due donne, le prime alle quali è stato riscontrato il contagio, il primo febbraio -, si sono spente una già il 3 febbraio a Trecenta dove era stata trasferita, l'altra lunedì scorso, in Malattie infettive. La prima è una 89enne che era stata ricoverata in Geriatria il 28 gennaio, con un grave quadro clinico e con tampone negativo, anche se potrebbe essere stata nella fase finestra al momento del ricovero, con una positività non rilevata perché in incubazione e, quindi, caso indice del cluster.
I DECESSI
«L'anziana spiega l'Ulss in una nota - presentava una grave situazione generale, non autosufficiente e allettata. La sua positività al Coivid-19 è stata riscontrata il primo febbraio. Dalle indagini in corso potrebbe aver contratto il Covid in ambito familiare». L'altra paziente è invece una 76enne che era stata ricoverata in Geriatria il 29 gennaio, sempre con tampone negativo e che, sempre trovata positiva il primo febbraio, si è spenta l'8 febbraio in Malattie infettive.
«Presentava una gravissima patologia generale emorragica e cardiologica», si rimarca. Il direttore generale dell'Ulss Antonio Compostella sottolinea come «le due pazienti non presentavano sintomi Covid correlati, ma purtroppo entrambe erano curate per gravi quadri cronico-patologici pregressi».
Il focolaio di Geriatria, che ha interessato 30 dei 34 pazienti che erano ricoverati nel reparto al primo febbraio, poi chiuso e sanificato e tornato ieri ad accogliere nuovi pazienti, resta sotto i riflettori non solo locali ma anche regionali e nazionali, perché il contagio ha interessato anche cinque operatori, tre infermieri e due Oss, che non si erano sottoposti al vaccino.
CAMPAGNA VACCINI
«Ho detto fin da subito e confermo precisa Compostella - che non c'è un nesso di causalità fra la loro positività e l'inizio del focolaio perché la cronologia degli eventi lo esclude: non sono stati loro a introdurre il virus in reparto. Quando dico che gli operatori, che non mai chiamato no vax, non hanno aderito alla campagna di vaccinazione, intendo che non hanno presentato controindicazioni assolute e il fatto di non vaccinarsi è stata una loro scelta: se avessero aderito alla vaccinazione, che per gli operatori delle aree più a rischio è partita fra fine dicembre e inizio gennaio, ora sarebbero stati sicuramente immunizzati e avrebbero evitato il rischio del contagio e di diventare potenziali veicoli di diffusione del contagio. Perché non sono stati la causa ma potrebbero aver contribuito diffusione del virus. Nel giro di una settimana il contagio ha interessato la quasi totalità dei ricoverati e ciò porta a una riflessione legata anche al fatto che forse ci troviamo di fronte a un ceppo virale ad alta contagiosità anche se non ad alta aggressività clinica, per questo ne abbiamo chiesto la tipizzazione».
Sotto i riflettori l'ampia fetta di operatori sanitari che non si è vaccinato. Nel reparto di Geriatria 8 infermieri su 24, pari a un terzo, e addirittura di 8 Oss su 12, ben due terzi. E, fra tutti i dipendenti dell'Ulss Polesana, il 10% dei 621 Oss ha negato il consenso, così come l'8% dei 1.671 infermieri ed anche un 3% dei 427 dirigenti medici e non medici. Una questione sulla quale, oltre al dibattito su scala nazionale, si valutano anche contromisure.
QUESTIONE COMPLESSA
«Dal punto di vista giuridico sottolinea Compostella - è materia spinosa e dibattuta, il vaccino non è obbligatorio e c'è tutto il tema della libertà di scelta. Ma c'è anche quello della responsabilità e della sicurezza sui luoghi di lavoro: stiamo ragionando su eventuali percorsi sanzionatori nel caso di rifiuto pervicace della vaccinazione come misura di prevenzione, ma il tema non è arrivare a una sanzione, anche di un'eventuale inidoneità temporanea alla mansione, ma del dovere morale e deontologico di garantire la massima sicurezza delle persone alle quali si rivolge la propria opera e la propria assistenza. Ho posto il tema non per lanciare accuse ma perché credo vada affrontata la questione della responsabilità che ha un operatore sanitario che è a contatto con persone fragili: dal mio punto di vista, per un operatore sanitario, la vaccinazione dovrebbe essere obbligatoria, per la sicurezza sua e, anche e soprattutto, degli altri. Abbiamo evidenza scientifica della sicurezza e dell'efficacia del vaccino: il mio è un appello agli operatori sanitari della nostra azienda, ancora dubbiosi, a cambiare idea e vaccinarsi».
Francesco Campi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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