L'INTERVISTA
BELLUNO Sono trascorsi dieci anni; sembra passata una vita. Di certo,

Venerdì 9 Agosto 2019
L'INTERVISTA BELLUNO Sono trascorsi dieci anni; sembra passata una vita. Di certo,
L'INTERVISTA
BELLUNO Sono trascorsi dieci anni; sembra passata una vita. Di certo, il Nevegal non è più quello di due lustri fa. Nel gennaio 2009 veniva inaugurato il nuovissimo skilift del Col Toront, tra aspettative altissime, magnifiche sorti e progressive. Ad agosto 2019, invece, non esiste più lo skilift delle Erte e il Colle vive (si fa per dire) con una spada di Damocle sulla testa, chiamata chiusura definitiva degli impianti. Un rischio sempre più concreto. E se anche si dovesse trovare la soluzione in extremis, come un anno fa, la ski area sarebbe monca, visto che la sciovia delle Erte (che collega la parte alta e quella bassa delle piste) è andata in scadenza tecnica. «Mi pare che la situazione sia disperata»: a parlare è Walter De Barba, ex amministratore unico della vecchia Nis (la società che gestiva tutti gli impianti sportivi del Comune di Belluno, compresi quelli del Nevegal, fino alla morte decretata dal tribunale nel 2012). Guarda caso, De Barba è stato l'amministratore che ha inaugurato lo skilift del Col Toront. L'ultimo amministratore ad aver creato qualcosa di nuovo sul Colle (durante l'amministrazione Prade).
Quell'anno è stato esaltante. L'inverno 2008-2009 era partito benissimo, con una campagna pubblicitaria lanciata in tutti i supermercati veneti, grazie al supporto di Giuseppe Da Pian e la catena Famila. Avevamo un cartellone di eventi davvero importante, con anche i campionati italiani di sci alpinismo. Soltanto nelle prime settimane avevamo registrato circa 300mila passaggi e oltre 26mila skipass venduti. Alla fine della stagione invernale avevamo incassato 1,1 milioni di euro, con gli impianti».
Quindi non è sempre vero che gli impianti di risalita e lo sci sono in perdita costante?
«Dipende. Dagli anni e dalla volontà di investire».
E dalla neve...
«Certo. Ma i problemi di neve ci sono sempre stati. In Nevegal, come in altre località sciistiche. Problemi facilmente superabili con l'innevamento artificiale. Nel 2009 stavamo progettando un laghetto per avere l'acqua a disposizione, senza doverla pompare dal Piave. E poi avevo parlato con il Bim per realizzare una centralina a biomasse. Con la pulizia del bosco si sarebbe potuto creare l'energia elettrica necessaria a far girare gli impianti. D'altronde si sa: i costi maggiori per le ski aree riguardano proprio acqua ed elettricità».
Non si è fatto niente, però...
«Da allora a oggi le cose sono sempre più degenerate. Nel 2009 si parlava anche di Scuola Svizzera. C'erano progetti importanti, tra cui quello di una spa. Tutti sappiamo come sono andate le cose».
In mezzo c'è stato anche il fallimento della Nis.
«Il Comune ha voluto disfarsene, altroché. Ma il problema rimane. Anche se il Nevegal non dovrebbe affatto essere un problema. Anzi... Bisognava coinvolgere prima la Regione Veneto. Perché tutti dicono che il Colle è la scuola sci della pianura, a servizio anche delle altre stazioni dolomitiche. Ma poi, quando il Nevegal è sotto il rischio di chiusura, quanti se lo ricordano? Senza dimenticare che il Nevegal, con la sua scuola sci, svolge anche una funzione sociale, per i ragazzi e i bambini che muovono i primi passi sulle piste».
Come vede il futuro del Nevegal?
«Non so. Vorrei capire prima di tutto se c'è davvero la volontà di chiudere oppure no».
Si riferisce all'Alpe?
«Mi riferisco al discorso che è stato fatto, di puntare solo ed esclusivamente sull'estate. Si rendono conto che una località che lavora solo tre o quattro mesi, per altro senza impianti di risalita, non può funzionare? Se il problema è che il Nevegal non funziona e quindi si deve chiudere per questo, dico che ci sono tanti Comuni che non funzionano, eppure rimangono aperti».
Damiano Tormen
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