Il "capo dei capi" di Cosa Nostra in luna di miele a Venezia da latitante

Martedì 15 Novembre 2022 di Maurizio Dianese
Totò Riina in piazza San Marco nel 1974, in luna di miele nonostante i vari mandati di cattura pendenti

VENEZIA - Il Capo dei capi di Cosa Nostra sorride alla moglie che lo fotografa in piazza San Marco, fra i colombi svolazzanti. E’ un Totò Riina giovane e in perfetta forma – era il 1974, all’epoca aveva 47 anni – quello che si trovava a Venezia, in viaggio di nozze con Antonietta Bagarella, che all’epoca aveva 27 anni. I due sposini novelli non avevano mancato l’appuntamento con la città più bella del mondo nonostante Totò Riina dovesse fare i conti già allora con vari mandati di cattura. Del resto all’epoca Riina era già un boss della mafia visto che nel 1958 aveva ucciso il suo capo, Michele Navarra ed aveva rapidamente scalato i vertici di Cosa Nostra.

Lo scatto che pubblichiamo verrà trovato molti anni più tardi dagli investigatori che diedero la caccia al boss dei boss ininterrottamente dal 1969 al 1993.

Riina infatti fu arrestato il 15 gennaio 1993, dopo 24 anni di latitanza. Tutt’altro che un record visto che la polizia cerca il successore di Totò Riina al vertice di Cosa Nostra e cioè Matteo Messina Denaro, da ben 29 anni.

E anche Matteo Messina Denaro non ha saputo resistere al fascino di Venezia, come ha rivelato Salvatore Baiardo, l’uomo che all’inizio degli anni ‘90, gestì la latitanza dei fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo. Matteo Messina Denaro, dice Baiardo, aveva affittato un palazzo sul Canal Grande.


AL CASINÒ
Di più non vuol dire o non ricorda, anche perchè i passaggi a Venezia sono stati più d’uno, in particolare al Casinò. Peraltro Cà Vendramin Calergi, oltre ad aver ospitato la crema dell’aristocrazia mondiale e una serie infinita di giocatori d’azzardo, ha visto un sacco di banditi, che sono passati alla storia criminale del Paese, calcare il parquet delle sue sale da gioco. Il più importante è Felice Maniero che rimase famoso perchè, proprio a Ca’ Vendramin Calergi, fece svuotare una saletta allo scopo di intrattenersi amabilmente con Eleonora Vallone. Ma Felice Maniero, a capo della banda più numerosa, più ricca e più feroce del Nord Italia, finanziava anche le sortite al Casinò dei rampolli del clan Giuliano di Forcella, famoso per lo spaccio di cocaina e per le foto con Diego Armando Maradona. Ad Abano Terme, nel 1993 hanno abitato Filippo, Benedetto e Giuseppe Graviano, gli stragisti di via D’Amelio. I tre fratelli erano stati ospitati in un appartamento di Antonino Vallone, commerciante di carni, nonché proprietario di quote della società che gestiva in Sicilia l’emittente televisiva “Telesud - Canale 65”. E da lì i Graviano – qualche volta assieme a Matteo Messina Denaro – facevano una puntata al Casinò di Venezia.


IL RUOLO DI FELICETTO
Nel marzo del 1994 invece è stato arrestato a Desenzano del Garda, ai confini con il veronese, Aldo Ercolano, nipote di Nitto Santapaola, latitante dal dicembre del 1992. Ercolano curava traffici di droga, si occupava di riciclaggio, ma era anche uno spietato killer in rapporti con Walter Beneforti, indicato da Silvano Maritan come riciclatore di capitali di Felice Maniero. E che sia stato Maniero ad aprire la strada all’arrivo in massa di mafiosi e camorristi non c’è alcun dubbio visto che il boss del Brenta aveva allacciato rapporti stretti con il clan dei fratelli Fidanzati, plenipotenziari per il Nord Italia dello smercio di eroina e con il clan Giuliano di Napoli per lo spaccio di cocaina. E infatti a San Donà di Piave viveva Domenico Celardo del clan Mallardo, in stretti rapporti di affari proprio con Silvano Maritan, il luogotenente di Maniero nel Veneto Orientale. Insomma ci vorrebbe un tomo della Treccani per dare conto delle mille presenze malavitose in Veneto come raccontò nel luglio del 2000 il questore di Venezia Lorenzo Cernetig in una audizione alla Commissione antimafia durante la quale parlò di 20 mila presenze da “monitorare”.

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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