I tribunali tornano nei piccoli centri, fondi dalle Regioni: riapriranno le sedi soppresse dieci anni fa

Dall’Abruzzo al Veneto, governatori pronti a coprire i costi della riorganizzazione

Giovedì 10 Agosto 2023 di Francesco Bechis
I tribunali tornano nei piccoli centri, fondi dalle Regioni: riapriranno le sedi soppresse dieci anni fa

Una Giustizia sui territori, per i territori. Altro che destra accentratrice e centralista. Il governo ha un piano per riaprire i “mini-tribunali” da Nord a Sud. Abruzzo, Campania, Calabria, Toscana, Lombardia, Veneto. A dieci anni dalla riforma del governo Monti che ha abbattuto la scure su decine di piccoli e medi palazzi di giustizia della provincia italiana, ecco aprirsi uno spiraglio per la loro riapertura. Più di uno spiraglio, in effetti. 
La riforma della “geografia giudiziaria” è parte integrante del programma del governo conservatore.

Non a caso inserita nel collegato alla legge di Bilancio del 2022. Ora però la revisione della mappa dei tribunali italiani inizia a prendere forma ed è finita sulla scrivania della Commissione Giustizia al Senato, sotto gli occhi vigili di Fratelli d’Italia che segue il dossier con il senatore Ernesto Rapani. 

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LA RIFORMA

Un passo indietro. Tra i primi provvedimenti del governo Monti, siamo nel 2012, la riforma taglia-tribunali, tassello-chiave della spending-review montiana, fu presentata come una «svolta epocale». I numeri confermarono le attese. Sotto la tagliola finirono 667 uffici del giudice di pace, 220 sezioni distaccate di Tribunale e 31 tribunali. Diversi dei quali gravati da inefficienze e carenze di personale. Ebbene, ora a via Arenula si pensa di invertire il trend, almeno in parte. Si partirà dai “tribunalini” che da dieci anni hanno chiuso i battenti. 

Una lista parziale è stata stilata dai Consigli regionali che hanno inviato in Parlamento ciascuno una proposta di legge per riportare in vita i “suoi” tribunali di provincia. E in quasi tutte le proposte c’è una premessa che per il governo è considerata esiziale: a farsi carico dei costi delle sedi da riaprire saranno le Regioni. Una riforma a costo zero, per lo Stato, questa almeno è l’intenzione. Quali sono i tribunali in ballo? L’Abruzzo guidato dal meloniano Marco Marsilio denuncia «una vastissima zona, posta a confine con il Lazio e con il Molise, totalmente sfornita dei servizi giudiziari» a seguito della riforma varata dal premier col loden. E chiede quindi di ridare slancio ai tribunali di Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto. Tutti e quattro a un passo dalla chiusura - il decreto milleproroghe l’ha posticipata al 2025 - anche se al ministero della Giustizia si lavora per tenerli aperti a tempo indeterminato. Il pressing dai territori è in crescita. C’è la Calabria, anche questa guidata da una giunta di centrodestra, sponda Forza Italia: la richiesta è di riaprire il tribunale di Corigliano-Rossano, all’epoca accorpato a quello di Castrovillari. La lista è lunga e trasversale. Anche la rossa Toscana vuole riportare in vita le mini-corti rimaste chiuse negli ultimi dieci anni: come la sezione distaccata di Empoli del tribunale di Firenze, che insiste su un territorio, l’Empolese-Valdensa, con «una popolazione residente di circa 175.000 abitanti e la presenza di numerose e rilevanti attività produttive». Se l’Umbria tira la giacchetta del governo per riaprire «il tribunale e la procura della Repubblica di Orvieto e le sezioni territoriali distaccate del tribunale di Perugia: Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Todi», la Campania tiene il fiato sospeso per il tribunale di Sala Consilina, vicino Salerno. È davvero trasversale l’appello per un ritorno alla “giustizia di prossimità” e anche per questo, probabilmente l’anno prossimo, il governo vorrà lanciare un segnale. 

IL PRESSING

In pressing c’è ovviamente la Lega che anche nella battaglia per i “tribunalini” scorge un’occasione per difendere la causa autonomista. Sicché anche le leghiste Lombardia e Veneto sono tra le Regioni che bussano alla porta di via Arenula. Solo nel distretto giudiziario di Milano sono decine le sedi chiuse nel 2012, dalle sezioni di Cassano D’Adda e Legnano a quelle di Cantù e Busto Arsizio. Mentre in Veneto ha la benedizione del governatore Luca Zaia il progetto di un “Tribunale della Pedemontana”, tra Padova e Vicenza. Un’idea che certo non è trascurata dai due veneti a capo di via Arenula, da un lato Nordio, dall’altro il sottosegretario leghista Andrea Ostellari e convince anche il meloniano Andrea Delmastro, «non è più l’epoca in cui lo Stato arretra, spegnendo luci di legalità sul territorio» diceva lo scorso aprile. Il Guardasigilli ha promesso che si andrà avanti, «l’intenzione di questo ministero, anche di questo governo, è di riconsiderare tutta questa serie di riduzioni che sono state fatte». Ma servirà prudenza. Al netto dei costi, c’è il nodo del personale. Il governo è da tempo alla ricerca di nuove toghe tra concorsi straordinari e norme taglia-burocrazia per sopperire alle carenze della Giustizia italiana. Toccherà anche alla provincia, prima o poi.

Ultimo aggiornamento: 07:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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