Filippo Turetta, sollevato dopo l'incontro con i genitori: «Non sono più solo». Rischia almeno vent'anni di carcere, con il rito abbreviato sconto della pena

Lunedì 4 Dicembre 2023 di Gianluca Amadori
Filippo Turetta, sollevato dopo l'incontro con i genitori: «Non sono più solo». Rischia vent'anni di carcere, con il rito abbreviato sconto della pena

VENEZIA - Primo incontro in carcere tra Filippo Turetta e i suoi genitori. Il colloquio, già autorizzato dalla procura di Venezia la scorsa settimana e poi rinviato per motivi di opportunità, si è svolto ieri, tra abbracci e lacrime: il padre di Filippo, Nicola Turetta, e la madre Elisabetta Martini, hanno fatto ingresso nella casa circondariale di Montorio poco prima delle 12, e si sono fermati per circa un’ora. La visita è avvenuta lontano dalle telecamere, in una giornata in cui vi è stata una tregua all’assedio di giornalisti e teleoperatori che, per molti giorni, fino all’interrogatorio di venerdì, hanno stazionato davanti alla struttura penitenziaria nella quale è rinchiuso il ventiduenne padovano, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata, la studentessa ventiduenne di Vigonovo, Giulia Cecchettin.

L’ABBRACCIO

«Abbiamo fatto in modo di tutelare la loro privacy, come si fa con ogni famiglia - ha spiegato una fonte all’agenzia di stampa Adnkronos - Alla fine Filippo era sollevato, ha saputo di non essere stato abbandonato, di non essere solo».
Turetta aveva chiesto fin da sabato 25 novembre, dopo aver varcato la porta d’ingresso del carcere di Verona, di poter vedere i genitori, ma l’incontro era stato posticipato: l’avvocato Giovanni Caruso aveva spiegato che si trattava di un appuntamento delicato, che necessitava di una preparazione psicologica. Ma, probabilmente il differimento dell’incontro era stato deciso anche in vista dell’interrogatorio che Filippo ha sostenuto di fronte al sostituto procuratore Andrea Petroni, durato per l’intera giornata di venerdì scorso.
Nicola Turetta ed Elisabetta Martini non vedevano il figlio dall’11 novembre, quando il giovane era uscito di casa per accompagnare Giulia al centro commerciale Nave de Vero, di Marghera, per poi darsi ad una fuga disperata, al volante della sua Fiat Punto, dopo aver ucciso a coltellate l’ex fidanzata che non voleva proseguire una relazione già troncata in estate.

Fuga terminata in Germania con l’arresto e, successivamente, con la consegna alla polizia italiana.

LA CONFESSIONE

Sono numerosi gli elementi raccolti dagli inquirenti contro Filippo, accusato di sequestro di persona ed omicidio volontario, con l’aggravante di aver agito nei confronti di una persona a cui era legato affettivamente. Nel corso di un interrogatorio durato nove ore, in ragazzo ha ammesso di aver compiuto un gesto «terribile», dicendosi pronto a «pagare e scontare la pena per le mie responsabilità». Ha ribadito la sua ossessione per la fine del rapporto con Giulia (testimoniata anche dal messaggio audio da lei inviato alle amiche) e la non accettazione del fatto che i due non fossero più una coppia: «L’amavo, la volevo per me, non accettavo che fosse finita». Questo il senso delle parole che avrebbe riferito al pm Petroni. Più volte Turetta avrebbe pronunciato l’aggettivo «mia», riferendosi alla studentessa di Vigonovo.
In carcere Filippo si trova in regime di “grande sorveglianza”, in una cella dell’infermeria, per evitare che per la disperazione e i sensi di colpa per ciò che ha fatto, possa decidere gesti estremi: compirà 22 anni tra pochi giorni, il 18 dicembre. Per il momento è presto, ma è probabile che in carcere possa decidere di proseguire e terminare gli studi in Ingegneria biomedica, lo stesso percorso seguito da Giulia che, lunedì 13 novembre avrebbe dovuto laurearsi.
Il ventunenne di Torreglia rischia di trascorrere in carcere almeno una ventina di anni, sempre che gli inquirenti non riescano a dimostrare che il delitto è stato premeditato: in tal caso la pena massima prevista è quella dell’ergastolo. Il suo difensore potrà chiedere il rito abbreviato (con sconto automatico di un terzo della pena), soltanto se non sarà contestata la premeditazione o un altro reato che prevede l’ergastolo, come quello ipotizzato dai legali dei familiari di Giulia, secondo i quali l’uccisione della ragazza è avvenuta a seguito di un lungo periodo in cui era stata vittima di stalking. La difesa, con molte probabilità, percorrerà la strada della perizia psichiatrica per cercare di ottenere almeno il riconoscimento di una parziale infermità di mente al momento del fatto: «Ho perso la testa, mi è scattato qualcosa», ha dichiarato Filippo nel corso dell’interrogatorio.

Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 07:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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