Morto impiccato in cella a Treviso, la compagna non crede al suicidio: «Fare piena luce»

Sabato 22 Febbraio 2020 di Gianluca Amadori
Morto impiccato in cella a Treviso, la compagna non crede al suicidio: «Fare piena luce»
VENEZIA Era stato spostato a causa di un litigio con un altro detenuto, ma poco più tardi gli agenti di polizia penitenziaria lo hanno trovato impiccato nella nuova cella. Il corpo senza vita del veneziano Marco Antonio Fasan, 37 anni, è stato rinvenuto lunedì mattina e, ieri, venerdì 21 febbraio, la sostituto procuratore di Treviso, Mara Giovanna De Donà, ha disposto l'autopsia, affidando l'incarico al dottor Marco Furlanetto, che inizierà gli accertamenti lunedì prossimo, alle 11.

Con molte probabilità la compagna e il figlio della vittima, assistiti dall'avvocato Mauro Serpico, nomineranno un consulente di fiducia per contribuire a fare piena luce sull'accaduto. «La mia assistita non vuole accusare nessuno, ma non riesce a trovare giustificazione per un gesto di questo tipo e vuole capire se vi possano essere responsabilità», ha dichiarato ieri l'avvocato Serpico. Fasan, cileno di origini, adottato da una famiglia veneziana, si trovava in carcere a Treviso per finire di scontare una pena residua di un anno e quattro mesi di reclusione ed era in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza, al quale il suo legale aveva presentato domanda di concessione dei domiciliari.

LA SCOMPARSA DEL PADRE
Il padre, a cui era molto legato, è morto da poco e Marco Antonio, provato per il lutto, aveva ereditato un discreto patrimonio per gestire il quale dal carcere aveva chiesto aiuto e consigli proprio al suo legale. Recentemente si era anche riavvicinato alla compagna, con la quale ha avuto un figlio, ed è questo uno dei motivi per cui la giovane donna non crede all'ipotesi del suicidio. Nel corso dell'ultimo colloquio in carcere, il trentasettenne si era confidato con lei, lamentando di essere tormentato da qualcuno.
Il carcere non era per lui una novità in quanto era rimasto coinvolto in più di una vicenda di rilevanza penale, connessa principalmente al mondo della droga, oltre ad alcune piccole rapine. Nel 2014 era stato arrestato assieme ad un amico in campo San Polo, in relazione ad un episodi di violenza ai danni di una coppia di cittadini del Bangladesh, dal cui banchetto aveva cercato di rubare una felpa. L'anno successivo finì nuovamente in carcere con l'accusa di tentata rapina ai danni di un uomo che stava rincasando dopo il lavoro, al quale aveva cercato di sottrarre la borsa e il cellulare.
Ora spetta alla Procura di Treviso il compito di fare piena luce su quanto accaduto al Santa Bona di Treviso: Fasan aveva una mano fasciata ed ematomi in varie parti del corpo.
Nel corso dell'ultimo anno in tutti i penitenziari veneti si sono verificati complessivamente 4 casi di suicidio (uno a Padova e tre a Verona), 81 tentati suicidi e 674 episodi di autolesionismo.
 
Ultimo aggiornamento: 14:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci