Memmo, Procuratore di San Marco che diede vita al Prato della Valle

Lunedì 12 Settembre 2022 di Alberto Toso Fei
Andrea Memmo nel ritratto di Matteo Bergamelli

VENEZIA - Fu probabilmente la personalità più di spicco nell'ultimo scorcio di Settecento e di Repubblica di Venezia. A lui si deve la creazione di Prato della Valle a Padova, dove una delle statue ha le sue fattezze. Non fu eletto doge, alla morte di Paolo Renier, per le sue sostanze ridotte, investite in lunghi anni di lavoro come ambasciatore e Procuratore di San Marco; questo gli impedì almeno di non essere l'ultimo doge della Serenissima, sebbene la morte, arrivata nel 1793 gli avrebbe risparmiato l'onta della caduta.

Andrea Memmo, esponente del ramo di San Marcuola (fu della sua famiglia il grande palazzo che sorge a sinistra della chiesa omonima, vista dal Canal Grande) è anche ricordato per l'amore tumultuoso, nei suoi anni giovanili, con Giustiniana Wynne, figlia di una veneziana di origini greche e dell'inglese sir Richard Wynne, ricordato in un romanzo di successo - Un amore veneziano - scritto alcuni anni fa da un discendente di Memmo, Andrea Di Robilant, sulla base di un carteggio cifrato ritrovato tra antichi documenti di famiglia.

Primogenito di Pietro Memmo e di Lucia Pisani, nacque il 29 marzo 1729 (seguito l'anno successivo dal fratello Bernardo e nel 1733 da Lorenzo); il suo cognome apparteneva a una delle più ragguardevoli e antiche casate del patriziato veneziano (annoverata fra le cosiddette famiglie apostoliche). Per la sua condizione e il suo lignaggio frequentò fin da giovanissimo gli ambienti culturali più prestigiosi, entrando in contatto con personalità come quella di Gasparo Gozzi, Apostolo Zeno, Scipione Maffei e Carlo Lodoli, il frate che aveva fondato una accademia destinata all'istruzione dei giovani nobili allo scopo di formarli alla gestione del governo. Nel 1750 Carlo Goldoni dedicò a lui e ai suoi fratelli L'uomo di mondo.

Ma Memmo fu pur sempre figlio del suo secolo: fu amico di Giacomo Casanova, con quale tentò di mettere in scena delle opere teatrali in lingua francese; fu forse l'avventuriero a introdurlo ai dettami della massoneria; e fu proprio la madre Lucia, preoccupata per le cattive compagnie dei figli, a contribuire con una denuncia all'arresto di Casanova.

Andrea Memmo, pur mantenendo idee che oggi definiremmo progressiste, divenne però ben presto un uomo di Stato: nel 1759, a trent'anni, fu savio agli Ordini e subito dopo savio di Terraferma. Dieci anni più tardi fece il suo ingresso in Senato e, sempre nel 1769, sposò Elisabetta Piovene, con la quale ebbe le figlie Lucia e Paolina. Dopo una parentesi come provveditore alla Giustizia iniziò la sua carriera fuori da Venezia: nel 1775 fu per un biennio provveditore di Padova; fu in questo periodo che pensò di trasformare un grande spiazzo sterrato dove trovavano posto fiere e mercati - il Prato della Valle - nella grandiosa piazza monumentale ammirabile ancora oggi, i cui lavori (che lo assorbirono per tutta la vita) furono coadiuvati dall'architetto Domenico Cerato.

Subito dopo fu nominato Bailo a Costantinopoli, e successivamente - nel 1781 - ambasciatore presso la Santa Sede; a Roma rimase fino al 1786. Approfittò di entrambi gli incarichi, non particolarmente onerosi in termini di tempo ed energie, per dedicarsi ai prediletti studi di architettura e alla scrittura: poco prima di ripartire diede alle stampe - in forma anonima - gli Elementi dell'architettura lodoliana. Nel frattempo era stato eletto Procuratore di San Marco, carica per la quale - assieme alle precedenti - investì grosse somme di denaro.

Una mancanza di fondi che lo costrinse a vendere il palazzo di famiglia per costituire di dote la sua seconda figlia, e che fece scrivere al patrizio Pietro Zaguri nel 1791: Il Memmo non ha più barca, è ridotto a miseria. Una mancanza di denaro cronica (unita alla manifestazione di idee progressiste), che due anni prima, alla morte di Paolo Renier, aveva portato gli elettori a scegliere Ludovico Manin in suo luogo, malgrado da molti fosse indicato come possibile successore.

Andrea Memmo morì il 27 gennaio 1793, dopo una malattia lunga e molto dolorosa, e fu sepolto nella chiesa dei Servi. Oggi, dopo l'abbattimento avvenuto nel 1815 di quello stabile, riposa nella sua San Marcuola, sotto una semplice lapide a terra sulla quale è inciso solamente Andreae Memo Patr. Ven.

Ultimo aggiornamento: 16:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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