Antonio Da Ponte, l'uomo che unì le due sponde del Canal Grande

Lunedì 5 Settembre 2022 di Alberto Toso Fei
Antonio Da Ponte nel ritratto di Matteo Bergamelli
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VENEZIA - Er tutta la vita mise le sue capacità a servizio della Serenissima, e la sua mano si può incontrare in quasi tutti gli edifici e i monumenti più conosciuti della seconda metà del Cinquecento. Su tutti, Antonio Da Ponte (dal Ponte, secondo altre fonti) ci ha lasciato la sua idea audace di ponte a unica arcata, per diversi secoli l'unico, lanciato tra le due sponde del Canal Grande: Rialto.
Una realizzazione non semplice, sotto il profilo architettonico e ingegneristico, per trasformare il ponte di legno in un ponte di pietra, che dopo la vittoria del bando promulgato dal doge Pasquale Cicogna fu duramente contestata dallo sconfitto Vincenzo Scamozzi, che trascinò Da Ponte davanti a due diverse commissioni del Senato.

Al termine delle beghe legali, in tre anni di lavoro - tra il 1588 e il 1591 - il proto della Serenissima legò per sempre il suo nome a quello che fu destinato a diventare uno dei simboli di Venezia nel mondo.


Ma la sua mano rimase impressa in decine di altre realtà dell'epoca: all'Arsenale intervenne sulle Gaggiandre sansoviniane e nel 1579 lavorò per innalzare la tettoia di 316 metri delle Corderie. A Palazzo Ducale quattro anni prima eseguì la sala delle Quattro porte, su progetto di Andrea Palladio, e dopo l'incendio del 20 dicembre 1577 lavorò al rifacimento delle sale del Collegio, dello Scrutinio, del Senato e del Maggior Consiglio, restituendole all'aspetto precedente 
con una proposta che convinse la Signoria più delle altre quattordici presentate dai maggiori architetti del tempo. Diresse inoltre i lavori di restauro delle arcate della loggia e dei portici.
Prima ancora aveva lavorato alla Dogana di Terra, al Fontego della Farina, a quello dei Tedeschi, e aveva messo in opera i Giganti di Jacopo Sansovino che danno il nome alla Scala del cortile di Palazzo Ducale. Sovrintese ai lavori della Chiesa degli Incurabili e tra il 1577 e il 1592 (quindi contemporaneamente all'edificazione del Ponte di Rialto, nell'ultima fase) collaborò con Andrea Palladio alla costruzione della chiesa del Redentore, voluta dal Senato come voto per la cessazione della peste.


A quell'epoca aveva già ottant'anni. Era nato infatti a Venezia nel 1512, da Giambattista Da Ponte, che col fratello Paolo (ingegnere del Magistrato alle Acque) era al servizio della Serenissima. Crebbe dunque in un ambiente votato alla tecnica e alla tecnologia e una delle prime notizie che lo riguardano lo coglie, l'11 gennaio 1554, tra i candidati al posto di proto al Sal, l'incaricato preposto all'esecuzione dei lavori ordinati dal magistrato al Sale, incarico che assunse nel 1563. Cinque anni più tardi, a conferma del prestigio del quale già godeva, fu consultato dal Maggior Consiglio di Belluno per un parere sulla ricostruzione il ponte sul Piave, distrutto da un'inondazione nel 1567. Intorno al 1570, alla ripresa delle ostilità con i Turchi, fu incaricato di provvedere alle forniture necessarie per la costruzione di una fabbrica a Castel Nuovo al Lido.
Ma furono gli anni Ottanta e Novanta, quelli della sua maturità, il periodo di maggior attività: nel 1580 fu incaricato di studiare la sistemazione delle Prigioni Nuove al di là del rio di Palazzo Ducale, alla cui costruzione sovrintese dieci anni più tardi, e oltre a tutti i lavori già ricordati, nel 1583 iniziò la ricostruzione della chiesa di S. Croce sul Canal Grande, oggi scomparsa. Fino al suo capolavoro: il Ponte di Rialto, concepito ad arcata unica alta abbastanza da farvi transitare una galea disalberata.
I suoi ultimi anni furono angustiati da infermità e da difficoltà economiche: fu costretto a vendere ogni sua proprietà per mantenere le cinque figlie, di cui tre vedove con prole e due nubili; l'unico figlio, avvocato, si era fatto sacerdote. Durante la costruzione del ponte di Rialto si era ammalato, ed era rimasto tutto tremante. Il nipote Antonio Contin (che col fratello Tommaso lo aveva assistito nell'edificazione del Ponte), a partire dal 1590 lo sostituì sempre più spesso come proto al Sal. Finì per prenderne il posto dopo il 20 marzo 1597 quando Antonio Da Ponte morì, a 88 anni, e fu sepolto nella chiesa di S. Maurizio, la sua parrocchia.

 

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