Bancarotta fraudolenta, per Felice Maniero un processo tira l'altro

Martedì 8 Dicembre 2020 di Maurizio Dianese
Bancarotta fraudolenta, per Felice Maniero un processo tira l'altro

Condanna confermata: 4 anni di reclusione per maltrattamenti. La Corte d'appello di Brescia non ha fatto nessuno sconto a Felice Maniero: 4 anni erano in primo grado e 4 anni sono rimasti in appello per aver picchiato Marta Bisello, la donna che ha diviso con lui gli ultimi 27 anni di vita.
E per l'ex boss della mafia del Brenta i guai non sono finiti perché all'orizzonte c'è un altro processo, stavolta per bancarotta fraudolenta, che vede implicato anche il figlio Alessandro, al quale la ditta era intestata. Si tratta di Anyaquae, una società specializzata nella depurazione delle acque, fallita nel 2016. Ebbene per quel fallimento il Tribunale di Brescia sta procedendo contro Maniero e figlio perché, prima di portare i libri in Tribunale, i Maniero avrebbero fratto sparire dei soldi, sottraendoli così ai creditori. Per bancarotta fraudolenta il codice prevede fino a cinque anni di galera, che andrebbero a sommarsi ai quattro confermati ieri a Brescia.
L'UDIENZA
Felice Maniero ieri doveva essere in aula e invece al suo posto è arrivato il solito memoriale, quello che serve quasi esclusivamente ad indisporre i giudici visto che anche stavolta Maniero se la prende con il pm e il giudice di primo grado e chiede un intervento del Consiglio superiore della magistratura perché i due magistrati non hanno prestato credito alle sue accuse nei confronti di Marta Bisello ed hanno invece creduto solo a lei. E non è bastata l'ora abbondante di appassionata e tecnicamente ineccepibile arringa difensiva del suo ultimo avvocato, Rolando Iorio, a convincere il Tribunale che invece ha confermato la condanna e con la condanna ha dimostrato di credere alla versione dei fatti fornita da Marta Bisello che ha raccontato di continue angherie e di violenze vere e proprie nei suoi confronti. Felice Maniero invece non si limita a sostenere che non c'è nemmeno un certificato medico - in effetti non c'è - che comprovi la violenza visto che ce n'è solo uno che parla di cefalea, ma vuol proprio rovesciare il tavolo e dimostrare che Marta Bisello è semplicemente una che ne racconta di tutti i colori per nascondere il fatto che si intascava i soldi della banda, pur sapendo, rileva il boss, che erano soldi che arrivavano da rapine, furti e spaccio di stupefacenti.
IL DENARO
Ed ecco che nel nuovo memoriale spunta l'ennesimo nuovo particolare teso a dar credibilità alla sua versione dei fatti: A casa nostra avevamo un mobile con doppiofondo in cui celavamo il denaro contante, mediamente 200mila euro, quando poi stava terminando a volte ci portava i 200mila euro mio cognato Riccardo Di Cicco, se con la famiglia veniva a trovarci per qualche giorno, altrimenti la signora Marta Bisello andava a prenderli da Di Cicco a Santa Croce sull'Arno. E Maniero in un paio di occasioni ha scoperto la Bisello che prelevava dal fondo cassa a man basse. Ha acquistato una Bmw X1 nuova da 40 mila euro, così, per fargli una sorpresa, racconta Maniero al quale l'improvvisata non piacque affatto visto che aveva già messo in conto di separarsi dalla Bisello e solo per amore della figlia non l'aveva ancora fatto.
Ma adesso che Marta Bisello ha rotto l'incantesimo e gli ha messo la figlia contro, ecco che Maniero estrae dal cilindro le nuove rivelazioni: Marta Bisello sapeva tutto, Marta Bisello si è rubata i soldi illeciti, Marta Bisello va processata per riciclaggio visto che per 27 anni ha condiviso tutto con Maniero, compresi i periodi di latitanza. Insomma fra i due non è finito solo l'amore, ma è venuta meno la complicità e non solo quella di coppia. Ecco perché Maniero tanto si arrabbia contro i giudici, che non gli credono quando accusa la Bisello nonostante finora gli abbiano sempre creduto.
CREDIBILITÀ
Non è un mistero che l'ex boss sia stato considerato attendibile come l'oracolo di Delfi dai giudici che hanno smantellato, grazie anche alle sue rivelazioni, la banda del Brenta, ma dopo essere stato giudicato credibile in tutti i processi veneziani, improvvisamente a Brescia non gli credono più. Da qui i memoriali, da qui la rabbia nei confronti dei magistrati, che arriva la punto di chiedere che chi lo ha processato in primo grado sia chiamato a rendere conto al Consiglio superiore della magistratura. E intanto resta in carcere perché non riesce a trovare nessuno che lo ospiti. L'unica è sua madre, Lucia Carrain, che ancora stravede per lui e che, però, vive con la figlia Noretta, la sorella che Maniero ha denunciato, assieme al marito, Riccardo Di Cicco, per riciclaggio. Dunque, in quella casa non può andare e non può nemmeno essere ospite di una comunità di Sollicciano che pure era disposta a prenderlo, ma prima del Coronavirus. Insomma in questo momento vanno tutte storte all'ex boss della mafia del Brenta, l'uomo che è stato a capo della banda più numerosa - 500 uomini - più feroce e più ricca che sia mai esistita nel Nord Italia.
Maurizio Dianese
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Ultimo aggiornamento: 13:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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