MESTRE - Il punto di partenza non poteva che essere il sottopasso del tram di via Cappuccina, diventato nei mesi il crocevia principale dello spaccio della città. Poi, un passaggio a quello ciclo pedonale di via Dante, altra piaga conclamata, per poi percorrere l'intera via Piave, dai giardini fino alla rotatoria con via Miranese e via Carducci. La passeggiata del questore Maurizio Masciopinto, ormai, è una routine della sera. Finito l'orario di lavoro a Santa Chiara prende la sua auto, dà appuntamento ad un paio di fedelissimi, e come quando era un guaglione agli inizi di carriera inizia un personale servizio di pattuglia. Gli altri compagni di questa passeggiata non sono certo due a caso: uno è Giorgio Di Munno, capo della squadra mobile, che ha in mano e coordina le principali inchieste e indagini della polizia sulla città, l'altro è Michele Natalicchio, giovane funzionario diventato uno degli investigatori di punta della questura lagunare. Il senso di questa scampagnata nell'area calda di Mestre? Toccare con mano la percezione di sicurezza dei cittadini e constatare di persona lo stato dell'arte della stretta sui controlli in quest'area.
PATTUGLIE
ESPULSIONI
«Negli ultimi giorni c'è stato una serie importante di servizi, in particolare dei carabinieri - spiega il questore - indubbiamente questo ha tolto un po' di gentaglia dalla strada ma, soprattutto, abbiamo notato che alcuni provvedimenti in particolare stanno avendo un particolare effetto deterrente: le espulsioni».
E non sono poche: 11 solo nell'ultimo mese (tra tutte le forze dell'ordine in campo). «I tunisini le temono - continua il questore - per assurdo preferiscono essere arrestati. Bene così, è la strada giusta e continueremo a percorrerla». Anche perché alcuni di questi erano personaggi di spicco: i carabinieri, negli ultimi giorni, ne hanno presi un paio particolarmente temuti, sia dai connazionali sia dai residenti. La polizia locale, invece, un paio di settimane fa aveva rispedito a Tunisi un capetto, responsabile della logistica e della suddivisione degli spazi per lo spaccio.
I LOCALI
A metà strada Masciopinto si sofferma davanti locale etnico: «Questo era un posto che dava un po' di problemi, gli spacciatori ci entravano dentro con i monopattini. Il titolare non era coinvolto, ma i pusher l'avevano preso di mira, lo avevano scelto come punto di ritrovo. Gli abbiamo dato una ripulita». E locali in questa situazione ce ne sono molti altri. «Una donna dopo che le avevamo chiuso il locale è venuta da me e mi ha chiesto che fare per cacciare quei pregiudicati dal suo locale. Le ho detto: Sai perché vengono da te? Perché sei uno dei pochi bar che non ha la videosorveglianza. Morale, dopo due giorni l'ha fatta installare e adesso quello è un posto sicuro».
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