Udine. Aggressioni e minacce alla guardia medica: ma la dottoressa ha dei nuovi dispositivi di sicurezza

Domenica 16 Luglio 2023 di Camilla De Mori
L'ingresso dello studio della guardia medica di Udine

UDINE - Nuovi episodi di aggressioni e minacce, fortunatamente solo verbali, segnalati dai medici nella sede della Guardia medica di Udine. A raccontarli è Giada Aveni, la dottoressa che, con la specializzanda Adelaide Andriani, a inizio gennaio era stata aggredita dall'accompagnatore di un paziente, che aveva preso per il collo Adelaide e aveva tentato di sferrare un calcio a Giada, che aveva difeso la collega. Dopo quell'aggressione, era scattato un piano di potenziamento della sicurezza, con nuove telecamere, la guardia giurata anche in presenza notturna e un "filo diretto" anche con la Questura, con un pulsante nascosto.

E i nuovi dispositivi hanno dimostrato di funzionare.

Le guardie mediche poi, potranno continuare a usufruire anche di dispositivi di telesoccorso di ultima generazione, grazie all'ultimo affidamento fatto da AsuFc, che ha commissionato il servizio a Televita per 24 mesi (per 70.096,32 euro), con la fornitura di 63 dispositivi portatili. Già in passato oltre 60 tracker erano stati distribuiti ai distretti e agli operatori ospedalieri.

GLI EPISODI

«Il pulsante di allerta collegato con la Questura funziona molto bene. È collegato anche alla guardia giurata», assicura Aveni. L'occasione per sperimentarlo, purtroppo, le si è offerta poche sere fa. «Era martedì notte - riferisce Aveni - ed ero di turno con una collega che la sera prima aveva fatto un certificato di malattia a un lavoratore fuori sede.

Quella sera, è tornato poco dopo mezzanotte per farsi fare il prolungamento del certificato. La collega gli ha detto "Però non funziona così" e ha cercato di spiegare. Ma quest'uomo ha iniziato a inveire. Ha detto: "Per fortuna che siete donne. Foste state uomini, mi sarei potuto sfogare per come sto in questo periodo. Ma aspetto solo che qualcuno mi provochi per farmi sfogare, anche qualcuno per strada". Siccome lo ha ripetuto più volte, ho pigiato il pulsante». L'allarme attiva la telecamera nascosta. «Subito è arrivata la guardia giurata e in contemporanea ci ha chiamato la Polizia. Volevamo avvisare che l'uomo era stato minaccioso, visti i precedenti. La Questura ci ha subito detto: "Se avete problemi, richiamate subito". Quella sera eravamo in tre donne di turno». Ma il pulsante di allarme sarebbe stato utilizzato, assicura Aveni, anche da altri colleghi.

Il caso più serio di cui la dottoressa è venuta a conoscenza sarebbe accaduto a fine giugno. «Una collega mi ha raccontato che un uomo, in probabile crisi di astinenza, si è presentato in guardia medica perché voleva un certificato e delle ricette di benzodiazepine, che noi non possiamo fare». Poi, racconta ancora Aveni, secondo quanto le è stato riferito (non ci sono riscontri ufficiali dell'Azienda), l'uomo sarebbe tornato con atteggiamento «aggressivo» fuori dalla porta. «La collega ha allertato le forze dell'ordine e la guardia giurata». «Per fortuna - conclude Aveni - i nuovi strumenti di sicurezza stanno funzionando. Ben vengano i nuovi dispositivi portatili», che daranno l'alert in caso di allarme e anche di "uomo a terra", nell'eventualità che un operatore dovesse sentirsi male.

«Si spera che quando verranno fatte le case della salute, in cui il servizio di guardia medica dovrebbe trovare una ricollocazione finale, si possano risolvere i problemi di sicurezza. Si dovrebbe superare il livello di isolamento», rileva Kizito Misehe (Snami). «Nel frattempo - prosegue - l'unica misura possibile per rendere più sicuro il posto di lavoro sarebbe ora di anonimizzarlo o prevedere un filtro iniziale con un colloquio telefonico e non il libero accesso da parte dell'utente. Al Gervasutta, purtroppo, è capitato che la porta venisse lasciata aperta». Le misure adottate dall'Azienda, dice «rattoppano mali estremi, ma periodicamente riscoppiano le "bombe" perché non si tratta di un trattamento radicale».

Stefano Celotto (Fimmg) ricorda che «l'accesso libero alle sedi di guardia medica non è un percorso che sia stato mai strutturato. Adesso accade che, magari anche per indicazioni date in modo errato ci siano persone che utilizzano il servizio come se fosse un Pronto soccorso per non urgenze, dove non c'è altrettanto da aspettare. Il grosso pericolo è che i colleghi sono in sedi isolate e spesso da soli. Sono cose che da anni chiediamo all'Azienda di rettificare. I salvavita, purtroppo, non sono qualcosa di immediato. Se quest'inverno non ci fosse stata la collega a fianco della specializzanda aggredita, chissà come sarebbe andata». Riccardo Lucis (Anaao Assomed) rammenta che il problema della sicurezza «è presente anche nei Pronto Soccorso e nei servizi ambulatoriali aperti ai cittadini: è un problema che si presenta ai colleghi tutti, dipendenti e non, in tutto il territorio».

Ultimo aggiornamento: 13:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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