Un filo diretto fra le strutture sanitarie e le forze dell'ordine e un dispositivo di geolocalizzazione da affidare alle guardie mediche che escono sul territorio per le visite a domicilio perché possano mettersi in contatto diretto con i tutori della legge in caso di guai. Così, in Friuli, si pensa di declinare, nell'immediato, la raccomandazione del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, dopo l'aggressione alle due dottoresse al presidio di guardia medica al Gervasutta di Udine e altri episodi analoghi che si sono verificati, anche in regione. «Cercheremo di intensificare la vicinanza delle forze di polizia nei pronto soccorso e nei presidi ospedalieri sempre più densamente frequentati e perciò interessati da fenomeni di questo tipo», ha assicurato il ministro.
IL PREFETTO
Ma già prima delle promesse di Piantedosi, a Udine il prefetto, Massimo Marchesiello, dopo l'aggressione alle specializzande Adelaide Andriani e Giada Aveni, aveva convocato un vertice del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, per discutere del problema assieme al vicepresidente della Regione e assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, e al direttore generale dell'Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (AsuFc) Denis Caporale. «Abbiamo fatto una riunione prima delle dichiarazioni del ministro - ricorda il prefetto - alla presenza di Riccardi e abbiamo concordato di avere un filo diretto con le strutture sanitarie e i posti di polizia.
IL DIRETTORE
«La linea diretta - aggiunge Caporale, che regge il timone di AsuFc - è ancora da studiare. È una proposta fatta in quella riunione per alcuni punti. Sono 26 quelli ritenuti più sensibili. Abbiamo mandato al questore l'elenco dei punti delle guardie mediche. Stiamo vedendo quali sono gli strumenti a disposizione: dobbiamo capire se riusciamo a mettere in contatto le sedi direttamente con il centralino della Questura. Stiamo parlando delle guardie mediche, ma in futuro potrebbe essere anche per gli ospedali. Al Santa Maria della Misericordia di Udine, però, c'è già il posto di polizia. Al di là del caso appena accaduto, dobbiamo attrezzarci perché non si verifichino altri episodi di violenza. Per adesso non ce ne sono stati tantissimi e, più che altro, sono di violenza verbale. Che, però, è comunque una violenza, che viene pagata dal dipendente che la subisce: bisogna lavorare anche dal punto di vista psicologico e lo stiamo già facendo», promette il direttore dell'Azienda Friuli centrale.
I DISPOSITIVI
Oltre a videocitofoni o telecamere nelle sedi fisse, un'altra misura che l'Azienda Friuli Centrale adotterà a breve è quella di dotare le guardie mediche che escono sul territorio di un dispositivo di tracciamento di nuova generazione (già un apparecchio analogo, in 28 esemplari, era stato distribuito nel 2021), il Mydasoli card tracker, dotato di moduli Gsm, Gprs e Gps, perché i camici bianchi, in caso di aggressioni o altri guai, possano mettersi direttamente in contatto con le forze dell'ordine premendo un pulsante. Una sorta di scorta virtuale per accompagnare le guardie mediche nelle loro visite a domicilio in solitaria, soprattutto nelle ore notturne. Un dispositivo analogo, ma con in aggiunta la possibilità di vigilare anche su eventuali cadute, grazie ai sensori di movimento, lo stanno già sperimentando, in ospedale, a Udine, gli operatori che lavorano da soli la notte, come i centralinisti e i tecnici di radiologia.
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