Dottoresse aggredite, Giada Aveni: «Con che stato d'animo affronto questo nuovo turno dopo l'aggressione? Pura angoscia, direi»

Sabato 14 Gennaio 2023 di Camilla De Mori
Giada Aveni

UDINE - «Con che stato d'animo affronto questo nuovo turno dopo l'aggressione di sabato scorso? Angoscia, angoscia, pura angoscia, direi». Lo ripete tre volte, Giada Aveni, 31 anni, specializzanda in Chirurgia generale di Gemona del Friuli, prima di entrare nella sede di guardia medica all'ospedale Gervasutta di Udine, attraversando lo stesso parcheggio dove sabato ha tolto dal collo della sua collega Adelaide Andriani, 28 anni, le mani di un uomo, l'accompagnatore di un paziente straniero, che prima ha aggredito la dottoressa lombarda e poi ha tentato di tirare un calcio alla stessa Aveni.


In quegli attimi, che sono sembrati eterni, Giada ha dimostrato una grande prontezza di spirito, che non tutti avrebbero avuto.

Adelaide l'ha ringraziata più volte, pubblicamente, sostenendo che, se non fosse stato per lei, forse, sarebbe potuta morire. «È stato l'istinto. Sentirla faticare a respirare, vedere quest'uomo che stringeva con questa cattiveria negli occhi... Sinceramente, non ce l'ho fatta più dopo pochi secondi», ricostruisce Aveni. Ha paura che torni quell'uomo, denunciato dai carabinieri dopo l'aggressione, e non lo nasconde. «Ci ha minacciato, ha detto che sa come tornare. La paura c'è», confida Aveni. E aggiunge che, per proteggersi, «ho portato uno spray al peperoncino e sono pronta ad usarlo se dovesse servire».


LE MISURE
Ieri sera non erano sole, Adelaide e Giada. «Siamo in tre, con un'altra collega. Ma questo - dice Aveni - purtroppo non basta». Le misure promesse dalla Regione saranno sufficienti? «Non lo so sinceramente se saranno sufficienti. Quella è la speranza, ma secondo me andrebbe implementata la presenza della guardia giurata h24. Non solo qualche ora prima delle 20 durante l'inverno e non solo l'implementazione della videosorveglianza. Non credo che basti». La solidarietà ricevuta, però, è stata come un abbraccio caldo dopo tanta paura. «Inaspettata da un certo punto di vista, così tanto. Mi ha anche commosso sotto un certo aspetto. Certamente ci sostiene. Perché, comunque, abbiamo veramente un esercito di persone che ci sostiene». Ma tanta vicinanza e affetto, delle persone comuni come delle istituzioni, non sono comunque bastati ad Andriani, che ha ribadito più volte l'intenzione di non voler proseguire con la carriera da medico. «Se non ci fosse stata con me la collega Giada Aveni, che è riuscita a staccare la mano di quell'uomo dal mio collo, forse sarei anche morta, per quanto ne so. O comunque, l'aggressione avrebbe potuto avere esiti ben peggiori. Sinceramente, non me la sento di rischiare così ancora», aveva detto subito dopo che l'episodio era stato reso pubblico. E poi, martedì scorso, lo ha ribadito: «Era già da diversi mesi che pensavo di cambiare strada. Penso di finire la specialità per non dare un dispiacere ai miei familiari, ma di sicuro non farò il medico. Farò altro», ha detto Andriani.


IL TURNO
Il venerdì sera, in guardia medica, può essere complesso, perché segna l'inizio del fine settimana, quando gli studi dei dottori di famiglia sono chiusi. Sabato scorso, il giorno dell'aggressione, gli utenti sono stati almeno un centinaio. «Oggi (ieri ndr) siamo in tre, come l'organico prevederebbe. L'altro giorno anche eravamo in tre. Ma siamo sotto numero», ammette Aveni. Il turno, che proseguirà fino alle 8 dell'indomani, comincia lento. Nelle prime due ore e mezza, non più di una ventina di pazienti, fra le visite e le telefonate. Giada viene bloccata già nel parcheggio, 20 minuti prima dell'inizio, da una ragazza che chiede indicazioni. «Le persone - spiega Aveni - sono state molto comprensive. Abbiamo chiesto a tutti di chiamare il nostro numero, anche se erano fuori in attesa, prima di poter accedere. La paura è troppa. Che ne so da dove vengono?». Ognuno ha i suoi problemi, ma più di qualcuno manifesta solidarietà. «Una signora ha chiesto a me e ad Adelaide se eravamo proprio noi, è stata carina. Ma anche un ragazzo che è venuto per un certificato. La portinaia ha detto che hanno chiamato da tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, per manifestare solidarietà». L'anticipo di un'ora dell'arrivo della guardia giurata (alle 20 anziché alle 21), ha avuto una sorta di fuori programma. «Abbiamo un pulsante da schiacciare per chiamarla. Non si sa come, perché nessuna di noi si è avvicinata, ma il pulsante è scattato per errore. La guardia giurata è arrivata correndo».
 

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Ultimo aggiornamento: 16:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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