Da truffato nella vita reale a truffatore sul grande schermo: Fabio Sartor diventa The Italian Banker

Martedì 2 Novembre 2021 di Lucia Russo
Da truffato nella vita reale a truffatore sul grande schermo: Fabio Sartor diventa The Italian Banker

CASTELFRANCO VENETO - Da truffato nella vita reale a truffatore sul grande schermo. Fabio Sartor, castellano classe 1954, è il protagonista di The Italian Banker, un successo che parte da una pièce teatrale Una banca popolare firmata da Romolo Bugaro e diretta da Alessandro Rossetto per lo Stabile del Veneto che ora è arrivato nei cinema.

Nella pellicola Sartor interpreta il ruolo di Carrer, ex direttore della Banca popolare del Nordest.


Com'è stato interpretare il ruolo di qualcuno che nella vita reale l'ha profondamente toccata?
«Ho pensato di essere stato afflitto da una sindrome di Stoccolma. Questa crisi gravissima mi ha colpito personalmente, come ha fatto con molte altre famiglie. Quando non sapevo ancora com'era il testo, sentivo la necessità di esserci dentro.


Poi ha visto il testo
«Sì, e ho capito subito l'intenzione di Bugaro di fare del direttore una sorta di eroe negativo che il pubblico grazie alla sua conoscenza delle cose, avrebbe saputo leggere. Sarebbe stato troppo facile puntargli il dito contro, dire che era tutta colpa sua, che era lui il vero cattivo. Viene invece mostrato come un uomo che difende le sue idee e che porta avanti il suo disegno fino alla fine. È una duplice responsabilità, non solo chi commette ha fatto l'errore ma anche chi non ha vigilato sulle sue azioni. Anche se noi ad oggi la verità giudiziaria ancora non ce l'abbiamo».


Cosa ha provato quando ha visto il testo?
«Ho reagito con la felicità dell'attore. Quando poi riesci a imparare le battute rapidamente, vuol dire che tutto ti risuona dentro. Si crea quell'armonia inspiegabile e capisci che si sta andando verso la direzione giusta».


Nella sua carriera ha interpretato ruoli molto diversi tra di loro. Come possiamo definire questo?
«È sicuramente tra quelli che ho amato di più del lavoro che ho fatto finora. Le cose nascono bene quando trovi delle persone che hanno una visione complementare alla tua, che possono farti vedere e spingerti verso altre cose. E per questo film abbiamo lavorato in estrema sintonia e fiducia».


Questo è un film controtendenza, in bianco e nero con un tema piuttosto complesso. Da dove nascono queste decisioni?
«Aver scelto il bianco e nero è una funzione puramente estetica del racconto. È il dualismo, il bene e il male, il brutto e il cattivo. Non avrei potuto vedere in altri colori questo film che è stato girato dal direttore della fotografia, Marco Calore, in situazioni estreme. In una villa Pisani sempre in notturna con continui balli, danze, un rondò costante e poi all'improvviso la macchina viene bloccata e arriva il direttore. E lì non si balla più perché vieni messo davanti alla sua verità».


Quando lei, il direttore, entra in scena, c'è un lungo monologo
«Sì. Quando il dominus della banca arriva fa un lunghissimo atto d'accusa contro questo sistema. Inizia a elencare tutte le cose che ha fatto. Ed è questa la bellezza della tragedia perché si sviluppa con due fattori contrapposti. Da un lato il direttore che elenca le cose che ha fatto per gli altri. E dall'altro il pubblico informato che sa come stanno i fatti e riesce a smascherare le cose. Nel film si passa dalla festa al silenzio, proprio com'è accaduto nella realtà, dal chiasso del quotidiano al vortice della crisi. Quando le banche sono entrate in crisi il nostro sistema non ha saputo reagire come invece è stato fatto, ad esempio, in Germania. Noi non siamo stati capaci. Viviamo nell'estetica del crollo. Il crollo della Bcc, di Berlusconi, del Movimento5Stelle, dell'impero romano, di Venezia. Avviene così, dalla sera alla mattina praticamente e tutto si dissolve in un attimo. Forse è questo il nostro karma».
Non proprio dalla sera alla mattina, ma anche questo film è stato girato in pochissimo tempo. 
«Una dozzina di giorni. Stavamo facendo le prove in teatro, poi sono state sospese per 12 giorni. Di solito i film si girano in almeno 4 settimane, questo in soli 12 giorni. Straordinario. L'energia si è concentrata tutta lì, per tutti i giorni. Il film è già stato proiettato in diversi cinema, tra gli ultimi l'Hesperia di Castelfranco». 


Come ha reagito il pubblico? 
«Abbiamo ricevuto molte critiche positive ed elogi importanti. Il tema interessava, l'argomento ha toccato molti e comunque parla di un sistema bancario che va in crisi. Una cosa che è già successa in passato e che può succedere ancora. Il film non si aggancia tanto alla quotidianità ma racconta un sistema di interessi condivisi, di opaco, dove tutti sono stati invitati a sedersi al tavolo e poi se ne sono andati lasciando crollare tutto il sistema». 

Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 09:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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