Vecchia gloria del calcio, il mediano trevigiano Francesco Casagrande che ha sfiorato il cielo: «Ho marcato anche Maradona»

Le prime soddisfazioni con il Chioggia, poi la tanto sognata serie A

Lunedì 10 Luglio 2023 di Edoardo Pittalis
Vecchia gloria del calcio, il mediano trevigiano Francesco Casagrande

Una volta, ma era soltanto ieri, nel calcio c’era il mediano di sostegno: aiutava la difesa e il centrocampo, all’occorrenza sapeva far gol. Faticava per tutti, stava “lì, sempre lì, lì nel mezzo, finché ce n’hai stai lì” come dice la canzone di Ligabue per quelli che hanno fatto una vita da mediano. Il mediano di sostegno restava defilato anche nelle foto di gruppo. Solo che Francesco Casagrande, 70 anni, trevigiano di Mareno di Piave, in campo e nelle foto si notava sempre anche per i capelli lunghi fino alle spalle e due baffoni che sembravano presi dalla copertina del disco di gruppo rock degli anni Sessanta. Duecento partite in serie A, una quindicina di gol, uno scudetto perso per un punto, una Coppa Italia, una maglia azzurra quando Bearzot preparava quelli per la Spagna, ma davanti aveva Marini. Ha sempre giocato: «Ero il tipo di giocatore che all’allenatore piace». Un altro della “rassa Piave da San Donà a Treviso”, come scriveva Gianni Brera citando Nereo Rocco e Gipo Viani. Perché nel calcio italiano degli anni ’50-‘70 il Nordest ha dato campioni e gregari che hanno riempito gli album Panini.

Era un mestiere che regalava un po’ di fama e soldi e riempiva la valigia di ricordi da aprire la sera in osteria.

 

Dalla campagna veneta al grande calcio, si respirava un’aria speciale nella Sinistra Piave?

«Da bambino facevo il barista e giocavo a pallone fino a che faceva buio. Papà Dante lavorava alla Zoppas di Conegliano. Mamma Antonietta, che oggi ha 94 anni, aveva un’osteria e là dentro sono cresciuto con i miei due fratelli. Mi piaceva stare al bar, a dieci anni ero capace di fare il caffè e i cappuccini con le macchine di allora, noi avevamo una Rancilio a tre gruppi, mamma ha fatto male a darla via. Al calcio ho cominciato a pensare seriamente a 14 anni e Francesco Dal Cin che dirigeva il Vittorio Veneto ha creduto in me. Facevo l’autostop, quattro volte la settimana, pioggia, vento, freddo. A 16 anni ho esordito in serie D con Isaia Petrin che è stato importante: erano bravi gli allenatori di allora, non c’era Internet e nemmeno tutto questo calcio in tv, loro studiavano le tattiche e ci aggiungevano la fantasia».

Come è stato l’esordio in serie D?

«Contro lo Schio, finì in parità, io ero mediano, sono nato mediano. Poi Dal Cin mi ha portato a Chioggia che si era fusa col Sottomarina e aveva ambizioni, infatti abbiamo vinto il campionato di serie D e ho giocato due anni in C. Il pubblico ci dava una carica speciale, in casa eravamo imbattibili. Infine, Dal Cin e il presidente Sanson mi hanno ceduto al Torino per la prima squadra: ero stato preso quando in panchina sedeva Mondino Fabbri, sono arrivato che allenava Gigi Radice che si era portato come mediano Patrizio Sala dal Monza. Così sono finito al Monza in serie C, era una buona squadra e siamo stati subito promossi in B; molti di noi erano destinati alla massima serie: Terraneo, Buriani, De Vecchi… Mi aveva chiesto il Cagliari appena retrocesso, ero convinto che la squadra sarda facesse di tutto per risalire e io volevo giocare almeno una volta in A».

Era il Cagliari senza Gigi Riva?

«A Cagliari sono stati quattro anni bellissimi e sono finalmente arrivato in A, ma il campionato successivo. Non c’è stata storia: Gigi Piras, Virdis, Brugnera, Tommasini, Selvaggi… Ci sentiamo ancora. Ed eccomi in A felice e in forma, devo dire che quel Cagliari mi ha lanciato. E Riva è stato un maestro anche come dirigente. Al primo impatto avevo soggezione, gli davo del lei, avevi di fronte un mito. E’ uno dei più forti calciatori che abbia mai visto, ho avuto anche la fortuna di allenarmi con lui, nelle partitine lo cercavo sempre e lo marcavo per capire come fare, è da lui che ho imparato a difendermi, mi ha spiegato meglio come fermare un avversario, come spostarlo. È umile e grandissimo, unico anche come uomo».

Poi è arrivata la Fiorentina…

«Proprio Gigi Riva una mattina mi dice che sono stato ceduto alla Fiorentina che stava costruendo una squadra per puntare allo scudetto. Era il 1981 e sono partito per Firenze. L’anno dopo con De Sisti avevamo davvero una grande squadra con Galli in porta, Cuccureddu terzino, Vierchowood, Bertoni, Pecci, Graziani, Antognoni, Massaro, Monelli. Abbiamo perso lo scudetto per un punto all’ultima giornata, ma ci è stato rubato. Fatalità giocavamo in casa del Cagliari al quale occorreva un pari per salvarsi. La Juve, invece, incontrava un Catanzaro già salvo. Pensare che per metà campionato ci è mancato Giancarlo Antognoni! È stato allora che a Firenze è nato il motto “Meglio secondi che ladri”: l’anno scorso era il 40° del mancato scudetto e ci siamo ritrovati tutti, come sempre, facciamo festa come se avessimo vinto il titolo».

Dal quasi scudetto alla Sampdoria neopromossa?

«Ho fatto fatica ad accettarlo, ma prima dovevo parlare col presidente Paolo Mantovani e ho trovato una persona fuori del comune che aveva un progetto grande e stava costruendo la Samp che avrebbe vinto lo scudetto. Io ero stato scelto per far crescere i nuovi, tutti giovanissimi, da Mancini che aveva 18 anni a Vialli. Ci sono rimasto tre anni in un ruolo fondamentale, anche se nell’ultimo campionato ho avuto problemi, perché per la morte di mio padre ho saltato la preparazione. C’è stata, però, la soddisfazione della prima Coppa Italia battendo il Milan anche a San Siro. Mancini era giovane ma già faceva l’allenatore in campo, il talento si vedeva subito; quando andavo a vederlo giocare, dopo lo scudetto, mi ricordava il grande Gianni Rivera. Vialli era uno che scherzava, ma in campo era un attaccante completo con tecnica e forza fisica. È stato difficile accettare la sua morte. Come è stato difficile vedere morire un amico come Borgonovo, mio compagno nel Como, distrutto dalla Sla: sono andato sempre alle serate con lui in carrozzina, vederlo così faceva male. A 34 anni ho smesso con la serie A, ho voluto chiudere a Chioggia, con la squadra con la quale avevo avuto le prime grandi soddisfazioni».


Il più forte calciatore incontrato?

«Maradona. Ci ho giocato contro per la prima volta in un’amichevole tra la Fiorentina e la Nazionale Argentina, il 29 agosto 1981. De Sisti mi chiese se me la sentivo di marcarlo, non è stato facile perché se lo affronti frontalmente non capisci mai da che parte ti salta, devi portarlo a giocare dandoti le spalle e costringerlo a scaricare la palla. Per tutto il primo tempo l’ho marcato stretto, un po’ duro, vincevamo 2-1 e ho pure fatto gol. Poi sono uscito e Maradona ha dato spettacolo, due gol, è finita 5-3. L’ho incontrato altre volte in campionato, ma ormai non si marcava più a uomo, c’era la zona mista. Ho marcato Platini, Zico, Falcao… Prima della partita Platini mi diceva “O Casa non mi picchiare oggi” e io gli rispondevo “Va bene Michel, ma non tentare di farmi tunnel”. Falcao non lo prendevi mai perché giocava sempre di prima, portargli via la palla era impossibile».


Poteva aspirare a più presenze in Nazionale?

«Quando ero a Cagliari, Bearzot mi ha chiamato con la nazionale sperimentale, quella che metteva assieme i 40 tra i quali scegliere la squadra per i mondiali di Spagna. Ho giocato contro la Germania Ovest a Genova, ma avevo una fortissima concorrenza».

 
I baffoni sono diventati grigi, come i capelli ancora lunghi sulle spalle. Casagrande ha casa a Mareno davanti agli impianti sportivi. Nel cortile le galline padovane razzolano libere agitando il ciuffo di penne colorate. A 70 anni Casagrande ripiega la maglietta col numero 4 nella sacca e in bicicletta si allontana per la partita. “Manca sempre un mediano di sostegno”. Che poi ci sia di nuovo bisogno di mediani di sostegno lo dimostra il calciomercato di questa estate: un mediano costa più di un centravanti e vengono a cercarli in Italia anche dall’Inghilterra.

Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 10:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci