Dal Nordest a Roma: i professionisti
girovaghi della protesta

Domenica 13 Aprile 2014 di Ulderico Bernardi
Dal Nordest a Roma: i professionisti girovaghi della protesta
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Siamo alla radunata degli sradicati. Ormai non conta più il motivo, vale solo il No. Purchessia. Movimenti nati a gran voce per la salvaguardia di un territorio, di una causa locale, in certi casi capaci di raccogliere le simpatie e la partecipazione di cittadini in buona fede, si svelano per quello che sono diventati: bande di violenti che cercano solo di devastare, distruggere, aggredire. Ormai sganciati da ogni giustificazione ideale.



Fa impressione che tra il materiale sequestrato ai violenti durante la manifestazione romana, nominalmente indetta per sostenere il diritto alla casa, oltre agli oggetti contundenti, ai bastoni, ai bulloni, agli strumenti atti a offendere, si siano ritrovati anche striscioni, bandiere e fazzoletti che con la casa non hanno nulla a che fare. No Tav, No Muas, e persino No Grandi Navi. Molti innocenti veneziani, che hanno manifestato in bacino San Marco e in canale della Giudecca non potranno che essere amareggiati e magari indignati, da questo stravolgimento estremistico che mescola una protesta democratica alle azioni delle bande di strada scatenate contro le forze dell’ordine e le istituzioni, fino all’aggressione fisica.



Si cerca lo scontro per lo scontro, con la prospettiva scoperta ormai di sbarazzarsi delle coperture capaci di suscitare consenso, forzando la mano fino al rovesciamento violento della vita democratica.

D’altronde, già avvertiva Simone Weil nei suoi giovani anni di filosofa impegnata: gli sradicati altro destino non hanno che sradicare. Trascinare nella loro condizione di disperati, votati al disordine trionfante, quante più persone è possibile. Facendo piazza pulita di ogni valore e instaurando il dominio della sopraffazione.



Forse contano troppo sulle loro capacità di attrazione, mentre costringono tanti onesti cittadini a guardarsi bene da certi compagni di strada, e dal condividere i loro slogan. Mortificando in questo modo la naturale dialettica democratica e soprattutto mettendo a nudo i sinceri intenti di tutela della politica locale, trascinata suo malgrado in una spirale di violenza che assolutamente non gli appartiene. Una donna, un uomo, che civilmente rendono esplicita la loro opinione contraria a determinate scelte pubbliche, hanno il diritto di non essere strumentalizzati, finendo accanto a gruppi di bastonatori e lanciatori di bombe, pronti ad approfittare di qualsiasi circostanza che consenta visibilità mediatica per sfogare il loro odio sociale.

Lo Stato ha senz’altro le sue insufficienze, le sue incapacità e titubanze decisionali.



Detto questo, un No chiaro e perentorio va detto a ogni forma di faziosità. Che va combattuta in sede centrale e in sede locale. Anzi, ancor più qui, dove la democrazia si esercita in forma meno mediata, a stretto contatto con l’autorità liberamente eletta dal popolo. Guai all’inquinamento dei processi di ordinario confronto. Il dialogo non è mai cedimento di qualcuno, ma ricerca paziente di armonia nelle relazioni. Che hanno un solo nemico, l’estremista intollerante dei meccanismi di maggioranza e minoranza. Capace di camuffamenti imprevedibili pur di raggiungere lo scopo. Con le cattive, preferibilmente.
Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 06:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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