Lacrime e rumore, il popolo di Giulia: in 10.000 dietro la bara bianca

Mercoledì 6 Dicembre 2023 di Gabriele Pipia
Lacrime e rumore, il popolo di Giulia: in 10.000 dietro la bara bianca

PADOVA - Madri abbracciate a figlie adolescenti, anziani con le lacrime agli occhi e studentesse che tengono in mano cartelli e striscioni. Commercianti con le saracinesche abbassate, famiglie partite per Padova in piena notte e uomini di mezza età commossi mentre ascoltano le parole di papà Gino. Il popolo di Giulia è una fotografia trasversale. In piazza si mescolano tutte le età, le storie e le provenienze possibili. Ad accomunare le oltre diecimila persone arrivate in Prato della Valle è il desiderio di salutare una ragazza diventata un simbolo. 
«Questa mattina ho aperto le finestre, ho visto la pioggia e ho pensato che si è commosso anche il cielo» sospira una settantaquattrenne.

Si chiama Elis, è cresciuta a due passi dalla basilica di Santa Giustina e sintetizza alla perfezione l’umore di un luogo dove solitamente i padovani si radunano per concerti, fuochi d’artificio e manifestazioni di ogni tipo. Questa volta no. Questa volta la festa lascia spazio al dolore collettivo. Padova dice addio a Giulia con addosso gli occhi (umidi) di tutta Italia.


LA CODA
Per raccontare l’intensità della partecipazione bisogna partire dalla coda per l’ingresso in basilica. Alle sette del mattino, quando il termostato registra un grado e mezzo, Ottaviano e l’anziana mamma Gianna sono già in prima fila davanti alla porta. «Siamo partiti da Dueville, provincia di Vicenza, questa mattina alle sei. La tragedia ci ha toccato tantissimo, volevamo esserci». Ottaviano e Gianna aprono una marea che nelle quattro ore successive arriverà in chiesa, sul sagrato, in tutto il Prato. 
«È come se fosse una figlia, perché è diventata figlia di tutti» spiega una donna appoggiata alla transenna che delimita gli accessi. Ma basta guardarsi attorno per capire che Giulia è come se fosse una compagna, una sorella, un’amica. Ogni persona fissa la gigantografia del suo sorriso e si identifica. 


I BATTIBECCHI
Lacrime e abbracci, ma anche qualche momento di tensione. «A quel Filippo daranno venti o trent’anni e poi sarà libero come se niente fosse» urla una donna a ridosso del sagrato. Una signora si gira e la incenerisce: «Non è il momento. Siamo qui per Giulia». Poco dopo davanti allo stesso maxischermo un’altra donna inizia ad urlare: «Ergastolo, ergastolo». Un uomo si accoda e aggiunge a voce alta: «Buttare via la chiave». E poi lei, ancora: «Bastardo e bastardi i genitori che vanno a trovarlo in carcere. Lo hanno educato loro». Parole che scatenano subito la reazione di chi invece non vuole affatto affossare ulteriormente un padre e una madre già stravolti dal delitto commesso dal figlio. 


L’UNIVERSITÁ
Durante la messa il momento più toccante è quando parla papà Gino e il Prato diventa un luogo di pianto collettivo. Sarà la rettrice Daniela Mapelli, uscendo dalla basilica, a riprendere il suo intervento. «In questa giornata così triste permettetemi di ringraziare il padre di Giulia che ha aperto uno squarcio di luce nella basilica di Santa Giustina con il suo discorso. Parole che andrebbero riascoltate e riascoltate con molta attenzione, intrise di quella pietà che non cede al rancore» (Mapelli cita Fabrizio De André, “Il testamento di Tito”). 
Ma la voce dell’ateneo è anche quella delle tantissime studentesse che si sono riunite davanti alla chiesa ricordando Giulia e rilanciando la battaglia culturale: «Poteva toccare a chiunque di noi». Per Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti, «oggi è importante stringerci ai famigliari e amici di Giulia ma è fondamentale anche lanciare un segnale. Questa tragedia ha lasciato un solco». Stefano, iscritto al Bo, parla da studente di criminologia: «Accolgo l’invito del padre di Giulia, noi uomini dobbiamo assumerci molta più responsabilità». All’uscita del feretro il silenzio viene rotto dal tanto invocato «rumore». Quello di un lunghissimo applauso e poi quello del tintinnio di migliaia di chiavi agitate verso il cielo. 
IL COMUNE
«Nella commozione e nel grande dolore, una necessaria consapevolezza testimoniata dalla grandissima partecipazione e ribadita dalle lucide e importanti parole di Gino Cecchettin. Una consapevolezza che va alimentata ogni giorno» scrive il sindaco di Padova Sergio Giordani dopo la cerimonia. E proprio dal Comune potrebbe arrivare presto un gesto dal forte valore simbolico. Il nome di Giulia Cecchettin è infatti candidato, assieme a quelli di Norma Cossetto e Elena Cornaro Piscopia, per l’intitolazione della prima statua di donna in Prato della Valle, dove ci sono già i monumenti a 78 uomini. Se n’è discusso ieri nella riunione delle commissioni Cultura e Pari opportunità e presto potrebbe essere indetta una consultazione popolare. Se a votare fosse anche solo una piccolissima parte del popolo di Giulia arrivato qui ieri l’esito apparirebbero decisamente scontato. 
 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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