La strana vita dei veneti a distanza di sicurezza tra osterie e negozi

Martedì 3 Marzo 2020 di Gabriele Pipia
La strana vita dei veneti a distanza di sicurezza in osterie e negozi
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PADOVA - «Siamo la città dei tre senza. Il Prato senza erba, il caffè senza porte e il Santo senza nome. Ma ora Padova è anche senza paura». Per spronare i cittadini a ripartire, il sindaco Sergio Giordani domenica sera ha lanciato questo slogan. Sul web l'iniziativa ha avuto successo, ma nella realtà ci vorrà ancora tempo.

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Padova è una città d'arte e un prestigioso centro universitario, ma in questo lunedì gli studenti sono pochissimi e i turisti ancora meno. Piove sui venditori ambulanti di ombrelli e sui pochi tassisti che riescono a trovare un cliente, sugli anziani che fanno la spesa con la mascherina e sulle serrande abbassate dei tanti negozi cinesi in zona stazione. Piove, soprattutto, su una città semi-deserta. 

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Stazione, luogo di incroci per eccellenza: alle 11 l'atrio è desolatamente vuoto, così come il treno regionale che arriva al binario 5. Per chi vuole fare colazione, il bar principale è aperto. Il viavai c'è, la ressa no. «Le misure da adottare? Sono tante, ma ora non abbiamo tempo per spiegarle» risponde la barista preparando una spremuta dietro il bancone. «Mi raccomando - la esorta un ragazzo -, con tante arance, che di questi tempi ho bisogno di vitamina C». 
 
Basta incamminarsi lungo corso del Popolo per capire che questo non è un lunedì mattina come tutti gli altri. La maggior parte dei negozi a gestione asiatica è chiusa, spesso senza alcun cartello di spiegazione. Chi lavora a ritmo continuo, invece, è la farmacia a cento metri dalla ferrovia. «Serve una mascherina? Ne abbiamo ancora venti - dicono gentilmente Sonia e Antonio - Costano poco più di un euro, noi non vogliamo lucrare sulla salute». E l'Amuchina, ormai rara e ricercata come l'oro? «Siamo stati assaliti e ora non ne abbiamo più. Se vuole c'è del disinfettante». Lo stesso che oggi a Padova si può trovare a bordo dei bus. 

BANCHE E POSTE
In un normale lunedì mattina le incombenze da fare sono tante, dalla multa da pagare all'assegno da ritirare. Partiamo proprio da Intesa San Paolo, lungo il vialone che porta nel cuore della città. All'esterno, sotto la pioggia, ci sono sei persone infastidite. «Non possiamo entrare, bisogna farlo una volta». Sulla porta scorrevole un cartello parla chiaro: «Nella tutela del personale e dei dipendenti, invitiamo tutti coloro che nelle ultime settimane avessero compiuto dei viaggi all'estero ad effettuare opportuni controlli prima di entrare nelle filiali. L'accesso sarà consentito a piccoli gruppi e solo per il tempo strettamente necessario». Una donna scuote la testa: «Il virus ce lo prendiamo qui fuori, assiepati sulle scale». Non ci sono misure così rigide al grande ufficio postale, ma l'atrio è mezzo vuoto e una signora parla animatamente al telefono con la madre anziana: «Stai calma, non mi prendo nessun virus. Pago e torno a casa».

I LOCALI
Ore 12, tempo di un aperitivo. Il bar sotto il municipio, per tutti semplicemente Dal baffo, espone il cartello in bella vista: «Si prega la clientela di mantenere la distanza di sicurezza di un metro». A pochi metri da qui, alla rinomata pasticceria Graziati di piazza della Frutta, la titolare Elena è furibonda: «È una settimana da incubo, questo martedì grasso rispetto all'anno scorso abbiamo perso il 50%. E non sappiamo minimamente come finirà. Andare avanti in queste condizioni non è facile». E l'ordinanza? Elena apre il tablet e la rilegge: «La faremo rispettare, con tutte le difficoltà e i disagi del caso». 

Ore 13.30, ormai tempo di pranzo. Per chi arriva da fuori e non conosce la città, è quasi impossibile non notare in piazza Cavour la grande insegna della pizzeria Da Pino. Ad accogliere i clienti la giovane responsabile Linda Furlan, ma anche due flaconi di disinfettante. «Abbiamo aperto una sala in più e disponiamo i clienti un tavolo sì e un tavolo no - racconta - così possiamo stare più larghi. E noi ci laviamo le mani continuamente». 

I MUSE
IAnche nei parcheggi si sta larghi.

Se solitamente trovare un posto in centro è come trovare un flacone di Amuchina in questi giorni di epidemia, ora gli stalli vuoti abbondano. Nel pomeriggio, quando smette di piovere, uno sparuto gruppetto di turisti cerca un museo da visitare ma non c'è niente da fare: Cappella degli Scrovegni, Palazzo della Ragione e gli altri gioielli riapriranno oggi. Per la cultura, quindi, non resta che un buon libro da portarsi in camera. Cristiano Amedei gestisce la libreria Minerva di via del Santo, lavora continuamente ma riflette amaro: «Il calo è stato drastico. L'emergenza ha scombussolato lo stile di vita delle persone». Una giovane coppia entra, chiede un testo e ringrazia: «Con l'università chiusa, almeno voi siete aperti». È aperta anche l'edicola affacciata sul caffè Pedrocchi. Francesco Sabbadin scruta la piazzetta e poi scuote la testa: «Sono qui da 21 anni, ma così vuota non l'avevo mai vista. Lavoro il 60% in meno». Un uomo di mezza età arriva, compra il giornale e sospira: «Speriamo che tutta questa confusione passi presto». Intanto, sempre in centro, il negozio vintage di via Marsala continua a vendere regalando pure corone per ironizzare. Libri, giornali e pezzi d'arredo. Oggetti utili e preziosi, ai tempi dell'isolamento da Coronavirus. 

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 10:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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