Coronavirus, a Venezia pioggia di disdette: hotel a rischio chiusura ​Città quasi deserta, le immagini

Lunedì 2 Marzo 2020 di Paolo Francesconi
Coronavirus, a Venezia pioggia di disdette: hotel a rischio chiusura
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Coronavirus a Venezia. «Molti alberghi a causa del crollo delle prenotazioni per il coronavirus manderanno in cassa integrazione i dipendenti. E se la situazione dovesse protrarsi, alcuni hotel chiuderanno finchè non finisce l'emergenza». A parlare di una situazione turistica in ginocchio a causa della pioggia di disdette dei turisti stranieri è Claudio Scarpa, direttore dell'Associazione veneziana albergatori, oltre 400 strutture ricettive che occupano 10.000 persone, che chiede esplicitamente al governo di allargare a Venezia (e Milano) i provvedimenti d'emergenza destinati alle imprese delle zone rosse. Venezia non è certamente Codogno, ma la pioggia di cancellazioni è stata torrenziale e imprevedibile. 
 

 


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PEGGIO DEL 2001
Un altro colpo per la città che va ad aggiungersi alla flessione senza precedenti di prenotazioni, superiore persino a quella che si era registrata nel 2001 dovuta al crollo delle Torri Gemelli, esplosa dalla metà dello scorso novembre per la risonanza internazionale del fenomeno dell'acqua alta record.

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Tra gli albergatori della città, che pure tante ne hanno viste, la preoccupazione è ai massimi livelli. «Non siamo Codogno, ma è come se lo fossimo. La città è semivuota, il tasso di occupazione delle camere viaggia tra lo 0 e il 10-15%. In alcuni casi è proprio pari a zero - spiega ancora Scarpa - Le disdette ballano tra il 70 e l'80% con punte  del 90%». Non è solo una questione di paura per la propria salute, in molti casi i turisti hanno rinunciato a muoversi perchè se tornano indietro devono fare la quarantena. Ci sono governi, come quello degli Stati Uniti, che ha sconsigliato ai propri cittadini di venire in Italia, parificandoci a Cina e Corea del Sud. «Sarebbe il caso che il nostro governo trovasse la forza per farsi sentire nei confronti dei soggetti partner - osserva ancora il direttore dell'Associazione veneziana albergatori - perchè non ci hanno trattato molto bene».

Ora, una delle domande che tutti si fanno è quanto potrà durare ancora l'emergenza. «Non sono un virologo, da quel che si capisce saremmo già fortunati se durasse altri due mesi soltanto. Nella migliore delle ipotesi - sostiene Scarpa - Questa crisi rischia di costarci un punto di Pil e la terza recessione in dieci anni».
In città gira voce che alcuni grandi alberghi siano pronti a fermarsi proprio adesso che l'altissima stagione sta iniziando con Pasqua e la Biennale alle porte. Il direttore dell'associazione di categoria non nega il pericolo. E spiega quali strade gli alberghi della Laguna hanno davanti a sè: «Chiudere temporaneamente (magari chi ha due attività sospende la più piccola), oppure, nel caso degli alberghi più grandi, mandare in cassa integrazione i dipendenti agendo anche sulle ferie». Questo avverrà, anche se la situazione si normalizzasse in poche settimane. Perchè un danno del genere non si ripara in quattro e quattr'otto. «Il brand Italia e soprattutto il brand Venezia - sottolinea Scarpa - hanno bisogno di mesi di promozione, almeno sei. Con il necessario supporto di aiuti governativi. Non si può pensare che Venezia o Milano siano state meno colpite di chi si trova nell'epicentro sanitario».

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Solo un robusto sostegno del governo, secondo gli albergatori, può mettere una pezza all'enorme danno ricevuto. Per questo hanno già tirato per la giacca ministri e staff per strappare «l'estensione a Venezia dei decreti d'emergenza che affrontano gli effetti del coronavirus». 

IL PACCHETTO
In particolare l'Associazione chiede: il finanziamento della cassa integrazione, l'accesso al fondo di integrazione salariale anche per i lavoratori a tempo determinato, forti finanziamenti per la promozione, la sospensione del versamento di imposte dirette e indirette, di contributi previdenziali e assistenziali, lo stop alla tassa di soggiorno, indennizzi per gli alberghi che subiscono disdette e cancellazioni a causa delle ordinanze e delle misure d'emergenza.
Oltre ad una moratoria sui mutui che chiama direttamente in causa le banche.

Ultimo aggiornamento: 12:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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