L’auto elettrica verso un nuovo stop.
E con un mercato automobilistico che potrebbe subire una battuta d’arresto alla luce della difficile congiuntura economica. A soffermarsi sul fenomeno è l’ultimo report di S&P Global dedicato ai risultati del primo semestre del comparto auto internazionale, segnati da prezzi più alti per comprare un veicolo nuovo e da un peggioramento delle condizioni di credito tra ripetuti aumenti dei tassi d’interesse da parte delle Banche centrali e scossoni nel mercato bancario americano ed europeo. A fronte di ciò, calcolano gli analisti, in Europa le vendite di auto nuove rimangono ancora al di sotto dei valori pre-pandemici.
Ma a preoccupare è pure l’outlook futuro. «La carenza di chip - si legge nel report - si ripercuoterà sulle case automobilistiche nella seconda metà dell’anno». E a farne le spese sarebbero pure i nuovi acquisti di auto “green”, «poiché i consumatori saranno probabilmente più cauti, preoccupati per l’inflazione» (nell’Eurozona a luglio al 5,3%, secondo le stime di Eurostat), il rallentamento della crescita economica» (la Germania è in stagnazione, i Paesi Bassi sono entrati in recessione tecnica), «la volatilità dei cambi e le minacce di recessione». Previsioni che rischiano di raffreddare gli entusiasmi europei nella gara a sostenere l’industria dell’automotive del Vecchio continente e la sua riconversione elettrica nella sfida con i competitor americani e cinesi.
LA STRATEGIA
In visita a Pechino a inizio mese, il ministro francese Bruno Le Maire, titolare dell’Economia, aveva indicato il «nuovo approccio» scelto da Parigi, cioè una serie di sussidi premiali per l’acquisto di veicoli elettrici nuovi che potrebbe essere esteso al resto dell’Ue. Sull’esempio di quelli concessi dagli Stati Uniti nel quadro dell’Inflation Reduction Act, il maxi-piano a stelle e strisce dal valore di 369 miliardi di dollari che prevede anche interventi in favore del “clean tech”, come crediti d’imposta fino a 7500 dollari per l’acquisto di una nuova e-car. Insomma, i chip per l’industria mancano, ma l’Europa è determinata a farseli (fare) in casa. La scorsa settimana, infatti, la taiwanese Tsmc, tra le più grandi compagnie al mondo per la produzione di semiconduttori, aveva ufficializzato che il suo primo investimento in Europa per la costruzione di una fabbrica di microchip destinati al mercato Ue, pari a 10,2 miliardi di euro, si dirigerà nella città tedesca di Dresda. E altre aziende, a cominciare dall’americana Intel, dovrebbero annunciare mosse analoghe.