«Aiuti agli jihadisti a Venezia»: chi è Arxhend Bekaj, il 27enne Kosovaro espulso a Trieste - Le intercettazioni

Lunedì 23 Ottobre 2023 di Nicola Munaro e Angela Pederiva
Arxhend Bekaj

Il suo appello risuona in un video del 2017, tuttora rilanciato dai siti del Kosovo e allora girato insieme all'amico indagato con lui: «Vogliamo tornare in Italia perché non abbiamo fatto niente». A quanto pare Arxhend Bekaj c'era riuscito: il 27enne aveva oltrepassato la frontiera, malgrado il divieto di varcarla per dieci anni, poiché sospettato di essere un fiancheggiatore della cellula terroristica sgominata all'epoca a Venezia anche con l'accusa di puntare a un attentato sul ponte di Rialto. Con ogni probabilità il rientro è avvenuto attraverso la rotta balcanica, dal momento che l'ex cameriere di un ristorante nel sestiere di San Marco è stato rintracciato in provincia di Trieste, dove questa volta è stato arrestato e quindi nuovamente espulso, poiché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale.

L'ex cameriere kosovaro trovato a Trieste


A renderlo noto è stato ieri il ministero dell'Interno, dando conto dell'espulsione del 27enne kosovaro da Trieste e di un 42enne tunisino da Piacenza, entrambi considerati «fortemente radicalizzati» e per questo accompagnati al Cpr di Gradisca d'Isonzo, allungando così a 56 la lista dei cittadini stranieri che nel 2023 sono stati rimpatriati per il rischio di legami con il terrorismo.

Secondo quanto riferito dal Viminale, il caso dell'uomo nordafricano era finito sotto la lente durante un periodo di reclusione nel carcere emiliano, perché nella sua cella era stata trovata «la foto di un uomo armato di mitra con alle spalle la bandiera dell'Isis» e lui stesso «aveva assunto, nel tempo, un ruolo da leader nei confronti degli altri detenuti».


Le indagini sul giovane balcanico erano invece iniziate nel 2016, quando la Digos lagunare aveva avviato l'attività investigativa che il 30 marzo 2017 era poi culminata nel clamoroso blitz coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia. Per la partecipazione ad un'associazione con finalità di terrorismo internazionale, in relazione alla loro adesione all'ideologia dello Stato islamico, erano stati catturati (e successivamente condannati in via definitiva) i kosovari Arjan Babaj di 27 anni, Fisnik Bekaj di 24, Dake Haziraj di 26 e un minorenne di 17. Altri quattro loro connazionali erano stati invece indagati a piede libero e fra loro c'era appunto Arxhend Bekaj, cugino del presunto ideologo Babaj. «L'uomo era stato sottoposto a perquisizione in quanto risultato in contatto con i soggetti arrestati ed espulso dal territorio nazionale in esecuzione del provvedimento emesso dal prefetto di Venezia per motivi di sicurezza nazionale», ha ricordato il ministero dell'Interno, citando l'atto al tempo firmato da Carlo Boffi, eseguito il 3 aprile all'aeroporto di Caselle e destinato a scadere nel 2027.


Ma lo scorso 14 ottobre Bekaj è stato identificato in provincia di Trieste, tratto in arresto per la violazione del divieto di reingresso, condannato a 8 mesi di reclusione in seguito al giudizio direttissimo e rimpatriato in esecuzione del decreto di espulsione, emesso giusto una settimana fa dal prefetto Pietro Signoriello.

L'intercettazione


Il kosovaro era immigrato per la prima volta nel 2013. «Ero in Italia da tre anni e mezzo, ho sempre lavorato per portare a casa i schei per la mia famiglia», aveva infatti spiegato al Corriere del Veneto dopo l'operazione della Dda, sostenendo di non aver «fatto niente» rispetto alle contestazioni della Procura: «Non ho mai guardato video e anche gli altri non c'entrano. La polizia non ha trovato niente, solo libri». Dopo essere tornato a casa da mamma, papà, fratello e sorella, Bekaj aveva registrato il filmato con Gecaj. I due avevano annunciato la volontà di ripartire per l'Italia, così trasmessa dai media del Kosovo: «Siamo innocenti. Non sappiamo come fare, qualcuno ci aiuti».
Al di là dell'Adriatico, il giovane aveva ricominciato a fare il cameriere, ma la paga era «molto più bassa» di quella che riceveva nel centro storico di Venezia. Il ristorante era citato in un'intercettazione agli atti dell'inchiesta, in cui il ragazzo raccontava ai compagni dei suoi furti pressoché quotidiani dalla cassa. Haziraj commentò: «Le persone che Arxhend deruba sono tutti quanti kafir (miscredenti, ndr.) e come tali meritano senz'altro tale comportamento». Babaj aggiunse: ««Loro sono dei schifosi kafir, odiano i musulmani e appoggiano quelli che sono contro i musulmani».

Ultimo aggiornamento: 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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