Saverio Pastor e l'arte dei remèri: «Venezia deve ripensare a una cultura dell'acqua»

Venerdì 18 Marzo 2022 di Federica Repetto
Saverio Pastor e l'arte dei remèri

VENEZIA - L'Arte dei remèri a Venezia ha più di sette secoli. Saverio Pastor è un maestro artigiano che ha imparato questo mestiere dal re delle fòrcole Giuseppe Carli e dal mago dei remi Gino Fossetta. «Facciamo parte di una storia di una città – racconta Saverio Pastor - che è nata grazie proprio ai primi remèri.

Con il loro lavoro si è colonizzata una laguna disabitata e hanno contribuito a dare l'avvio ad una città che nella storia è stata grande». E' andando in barca, a remi ma anche a vela, che si percepisce la prepotente invadenza dei natanti a motori. «Da quando i motori – si sofferma - hanno soppiantato i remi il nostro bacino di utenza si è ridotto. C'è sempre un gran lavorare per i regatanti, i gondolieri e gli appassionati del remo. Ora siamo a 50mila abitanti di cui forse 1 su 10 pratica la voga. Bisognerebbe ripopolare la città e dare a questo nuovo popolo una spinta perché preferisca scegliere la barca a remi rispetto ad altre attività».

Saverio Pastor dal 1975 sperimenta nuovi modelli, restando fedele a dettami costruttivi ereditati dal passato utilizzando i legni migliori sapientemente stagionati. La sua bottega è al servizio di esigenti campionesse e campioni del remo, gondolieri e appassionati di voga ed è per loro che costruisce fòrcole e remi personalizzati e ad alta prestazione. Realizza inoltre armi velici e attrezzature per le barche a vela al terzo, complementi d'arredo e originali accessori anche in collaborazione con le artigiane della moda veneziana. «Mi sono avvicinato – aggiunge - a questo antico mestiere all'età di circa 17 anni. Il mio maestro sosteneva che ero già vecchio e che non avrei mai imparato. Questo fa parte di un retaggio antico e aveva le sue motivazioni. Ogni apprendista poteva essere anche un possibile concorrente, c'era una certa di ritrosia ad insegnare. In realtà ad imparare non si finisce mai». Nel suo laboratorio, a pochi passi dal museo Peggy Guggenheim, lungo la fondamenta Soranzo detto Fornace, dal 2004 collabora Pietro Meneghini, esperto di voga, vela e barche tradizionali. «Non sarebbe difficile trovare giovani – aggiunge - il problema è garantire loro un futuro. Fino a quando non si invertirà lo spopolamento e l'allontanamento dalla popolazione dall'acqua non ha un gran senso ampliare, in questo settore, il numero degli addetti». Venezia dovrebbe ripensare ad una cultura dell'acqua. «Bisogna – spiega - riappropriarsi dell'acqua come elemento caratterizzante della città e non come un ostacolo. Venezia dovrebbe reagire accompagnando i bambini in barca, facendo sì che le acque si riappacifichino, una sospensione del moto ondoso. Per fare questo si potrebbe ripensare a scafi e motorizzazione più sostenibili e meno impattanti, a barche a motori che abbiano una logica diversa da quella della produttività e della velocità, al sistema dei trasporti che è lasciato a se stesso e che andrebbe razionalizzato con un centro merci più efficace. Bisogna fare dell'acqua un motivo di interesse, di studio e di lavoro. Studiare scafi nuovi porta a progettisti, produttori, e nuovo lavoro in città. Poi si potrebbe anche dare un riassetto alla qualità del paesaggio riproponendo barche in legno tradizionali e non necessariamente antiche, barche consone con l'ambiente lagunare che abbiamo. Più legna e meno plastica».

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Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 13:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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