​Il fisico Sagredo, sperimentatore "idolo" di Galileo Galilei

Lunedì 29 Aprile 2019 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
Fu forse il più grande amico di Galileo Galilei (che dopo la morte decise di introdurlo tra gli interlocutori del “Dialogo sui due massimi sistemi del mondo”, testo che poi gli costò l'abiura), ma soprattutto fu uno scienziato che si dedicò a studi sull'ottica e sulla termometria ed ebbe un interesse prevalente per il fenomeno del magnetismo. Giovanfrancesco Sagredo, nobile veneziano, rimane però eternato nelle pagine di una delle opere più conosciute al mondo, quella appunto galileiana.

Nato a Venezia il 19 giugno 1571 da Niccolò e Cecilia Tiepolo, conobbe forse Galileo a Venezia durante il periodo di insegnamento padovano dello scienziato, quando Galilei frequentava il “ridotto Morosini”, nel quale si riunivano laici e religiosi, veneziani e forestieri, e tutti i letterati che fossero di passaggio a Venezia. In questi incontri eruditi aveva luogo una conversazione civile e informale in cui gli argomenti di discussione erano liberi e venivano privilegiate le lettere e la filosofia. Tra i famosi frequentatori del Ridotto, animato dal padrone di casa Andrea Morosini, storico ufficiale della Repubblica ed esponente di spicco di quel partito dei cosiddetti “giovani” che si opponeva al più conservatore gruppo dei “vecchi” della politica veneziana, oltre a Galileo Galilei vi erano Paolo Sarpi e Giordano Bruno.

Sagredo strinse un legame molto profondo con Galileo, che ne ricambiò pienamente l'affetto (arrivando a chiamarlo “il mio idolo”), e intervenne spesso a favore dello scienziato: si interessò affinché l'Università di Padova gli aumentasse lo stipendio, ma scese anche più sul personale, garantendo i prestiti che Galilei aveva chiesto per la dote delle sorelle, oltre ovviamente a ospitarlo a nel suo palazzo di Venezia per assistere a feste e regate oppure invitarlo a soggiornare nella città fortificata di Palmanova, dove per un biennio – tra il 1605 e il 1607 – assunse l'incarico di tesoriere.

Favori che Galileo non esitò a ricambiare, come quando gli fece avere alcune calamite, attivandosi anche presso il granduca di Toscana Ferdinando I per l'acquisto di un potente magnete che potesse servire agli esperimenti dell'amico, sperimentatore e costruttore di strumenti scientifici, che si interessava di ottica, termometria e magnetismo.

Il rapporto tra i due ebbe un brusco cambiamento nel 1611 quando, tornando dalla Siria dove era stato inviato come console dal governo veneziano, Giovanfrancesco Sagredo ebbe la notizia del trasferimento dell'amico a Firenze, come Primario Matematico e Filosofo del Granduca di Toscana. Malgrado la delusione per la scelta dell'amico (secondo diversi commentatori se Sagredo fosse rimasto a Venezia probabilmente sarebbe riuscito a far cambiare idea a Galileo), continuò sempre tra loro una florida corrispondenza (Sagredo mise anzi Galilei sull'avviso di stare attento al “tempestoso mare della Corte” e ai “furiosi venti della emulatione”) discutendo di fisica e di filosofia, oltre che dandosi reciproci consigli personali fino al 5 marzo 1620, quando Sagredo morì improvvisamente.

Fu così che Galileo, deciso a perpetuarne il nome e l'affetto, attribuì il nome di "Sagredo" a un personaggio presente in due sue opere, i "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e ai moti locali" (del 1638), ma soprattutto il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", pubblicato nel 1632, fra le opere più celebri di sempre non solo per il metodo d'indagine scientifica che vi è intrinsecamente contenuto, ma anche e soprattutto per le conseguenze che Galilei subì da tale scritto, che lo condussero alla celebre abiura.

Se nell'opera non viene svelato nulla del tempo nel quale si tiene di “Dialogo", il luogo è esplicitamente Venezia e precisamente Ca' Sagredo sul Canal Grande. I protagonisti sono tre: Salviati, Sagredo e Simplicio: nell'opera Salviati rappresenta Galileo stesso, nel senso che nel farlo parlare Galilei utilizza le proprie conoscenze e il suo linguaggio; Sagredo mantiene invece la sagacia che aveva avuto in vita, lui che era stato osservatore finissimo e una delle menti più acute del suo tempo.
Ultimo aggiornamento: 12:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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