Venezia e le sue botteghe storiche. L'addio ai "biavaroi": «Ora il mercato lo fanno i turisti»

Domenica 7 Aprile 2024 di Marta Gasparon
Venezia e le sue botteghe storiche

VENEZIA - È una Venezia in costante mutamento anche quella della popolosa zona di Cannaregio che, seppur tra i sestieri che più hanno mantenuto la propria venezianità, ha perduto molte delle sue botteghe di vicinato. Attività in cui si entra per rifornirsi, ma anche per scambiare una ciacola, spesso un punto di riferimento per i residenti, specie per i più anziani.

Biavaroi di Venezia, botteghe storiche sempre più rare

Dal ponte dei Tre Archi fino a rio terà Farsetti di biavarol se ne conta ormai solo uno, specchio di una città che via via si spopola, perdendo la sua essenza più autentica. Basti pensare al negozio in fondamenta Cannaregio di Mario e Massimo Berti, la cui attività è cessata da qualche settimana, o a quello poco distante della famiglia Astolfo, chiuso nel 2018. Oggi i più nostalgici non possono che limitarsi a scovare le vecchie insegne - alcune ancora visibili sul marmo - che rimandano ad attività che hanno chiuso i battenti da tempo, come nel caso dell'ex barbiere o della latteria in fondamenta Savorgnan.

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Spazi abbandonati o diventati altro, da ripercorrere con la mente come in una sorta di itinerario della memoria che rimanda a una città lontana. «Negozi di alimentari in zona? Una volta erano come minimo otto racconta Paolo Ballarin, titolare dello storico biavarol, dov'è in affitto, situato alla fine di rio terà San Leonardo Ora siamo rimasti soltanto noi. Lavoro qui da quasi 55 anni, è un'attività impegnativa. I veneziani sono pochi, rispetto ai tempi buoni la clientela è scesa del 70%. Rimane quella più affezionata, con la quale s'instaura un bel rapporto umano: ci sono anziani ai quali portiamo la spesa a domicilio gratuitamente. Per fortuna il turismo aiuta, altrimenti avrei già chiuso.

Molti stranieri vengono da noi per scelta, preferendoci ai supermercati». La voglia di resistere c'è, nonostante le spese siano molte, tanto da aver dovuto spegnere 5 frigoriferi e installare luci a led, per risparmiare sulla bolletta.

Supermercati, una concorrenza implacabile


Camillo Tonini, già responsabile di sede di Palazzo Ducale, autore e curatore di mostre, risiede a San Giobbe da quand'era bambino. Se i negozi di vicinato sono sempre meno, il motivo per lui va ricercato nella perdita di abitanti e nell'aumento esponenziale dei supermercati. Tra i più recenti, il Despar sorto negli spazi dell'ex Cinema Italia. «Anni fa in zona i banchi del pesce erano quattro, ora uno solo, alle Guglie. Rimangono invece alcuni negozi di vino sfuso, che si riesce ancora ad acquistare a un prezzo onesto», dice Tonini, soffermandosi poi sul calo drastico dei fruttivendoli di rio terà San Leonardo, che rischia di far sparire dalle tavole alcuni prodotti locali della tradizione, che nei supermarket non si trovano. «È un mercato sempre più rivolto a un'utenza turistica. Un fenomeno estesosi anche in altre città e connesso alla globalizzazione».


Ristoranti, bar e cicchetterie al posto dei negozi storici


Ristoranti, bar e cicchetterie hanno preso il posto di molti biavaroi, becheri e forneri, popolando zone che fino a qualche tempo fa non rientravano tra le favorite, come nel caso del rio di Cannaregio. Mentre fondamenta degli Ormesini e della Misericordia si confermano tra i luoghi della movida prediletti. «Si resiste, ma a fatica. Una volta in rio terà San Leonardo i banchi di frutta e verdura erano oltre 20. Ora ci siamo noi e i bengalesi di fronte», osserva il 53enne veneziano Cristiano Maccanin, fruttivendolo in campo San Leonardo, attività con una settantina d'anni alle spalle. In zona - tra gli altri - di colleghi se ne trovano in rio terà Farsetti (Marco e Nicolò Scarpa), giù dal ponte Loredan, in calle de l'Aseo e il banco storico Polacco. «In una giornata vengono un centinaio di veneziani, rispetto al passato un calo del 70-80%». Sempre di più i turisti, ai quali («purtroppo») ci si deve adeguare pure in termini di merce. «Vendiamo più frutta, anche non di stagione», acquistata come spuntino take away.

«Una volta il sabato servivamo 250-300 persone, mentre adesso 80-90 e una cinquantina nei giorni infrasettimanali», riflette Andrea Bisiol, di San Donà, titolare della macelleria a pochi passi dalle Guglie, dove ha iniziato a lavorare dall'86, ma avviata dal padre nel 60. «Da allora tutto è cambiato. Dal numero dei residenti (il calo lo constatiamo), alle abitudini alimentari. Rispetto ai tempi buoni prosegue Bisiol il fatturato si è dimezzato, nonostante i prodotti costino il doppio. Ma non ci lamentiamo: ho clienti affezionati, che vengono anche da Murano per la "spesa grossa"». Sette le macellerie che si contavano in zona nell'86, oggi sono tre. «I supermercati? In questo momento stanno pesando meno sulla categoria: una bistecca rossa, che tendenzialmente si mangia una volta alla settimana, si sceglie di acquistarla in macelleria, dov'è offerto un prodotto di qualità. Nelle giornate in cui non lavoro la bottega mi manca, specie il contatto con la gente. C'è chi ci porta persino il caffè».


I fornai di Venezia


Vicino a Bisiol resiste il forno Rizzo, che tuttavia ha da poco chiuso uno dei suoi vicini punti vendita. E spingendosi verso Strada Nova lo scenario è quello di un'arteria votata ormai alle esigenze dei grossi flussi turistici. Anche qui i negozi di vicinato hanno da decenni ceduto il posto a fast food, alla vendita di accessori o abbigliamento e ai bar, numerosi dai plateatici sempre affollati. Baluardo di una Venezia cambiata rimangono invece le preziose mercerie e tappezzerie Benevento e Vianello, dove il veneziano può ancora trovare bottoni e cerniere.

Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 09:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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