Omicidio di Venezia, l'autopsia: Khalil ucciso da una scarica di pallini in testa sparati da due metri

Mercoledì 6 Dicembre 2023 di Gianluca Amadori
La vittima Khalil Mallat

VENEZIA - Ad uccidere Khalil Mallat è stata una scarica di pallini che lo ha colpito alla testa da una distanza ravvicinata, di circa due metri. Lo ha accertato l'autopsia eseguita ieri dalla dottoressa Cristina Mazzarollo per conto della Procura di Venezia, che ha messo sotto inchiesta per omicidio volontario il trentatreenne veneziano Raffaele Marconi, da domenica detenuto nel carcere di Santa Maria Maggiore. La medico legale, affiancata dal consulente dalla difesa, il dottor Gianni Barbuti, ha effettuato anche una serie di prelievi finalizzati ad esami tossicologici, per capire se il venticinquenne tunisino avesse bevuto o assunto sostanze stupefacenti la sera di sabato.
L'uccisione è avvenuta attorno alle 23.40, nel piccolo bar di salizada San Geremia: Marconi si è affacciato nel locale e ha fatto fuoco, per poi uscire ed inseguire, fucile in mano, l'amico della vittima, che però è riuscito a mettersi in salvo.
A scatenare la reazione violenta del giovane sarebbe stato un diverbio verificatosi poco prima, per strada: il trentatreenne, uscito di casa per portare a spasso il cane, sarebbe stato offeso e minacciato: «Ti uccido, e uccido tua moglie», gli avrebbe urlato Khalil, per poi colpirlo al collo con un'arma da taglio. A questo punto Marconi è rientrato a casa, sanguinante, per uscire quasi subito (prima ancora che la moglie riuscisse a medicarlo) con in mano un fucile a canne mozze, detenuto senza autorizzazione.
I carabinieri, intervenuti per arrestarlo poco più tardi, hanno verificato che nel lato sinistro del collo aveva una lesione compatibile con l'azione di un coltello o qualcosa di simile.

Ai militari dell'Arma il giovane veneziano è apparso lucido e orientato e non dava segni di aver bevuto o di essere stato sotto l'effetto di droghe.

IL MOVENTE

Su consiglio dei suoi legali, gli avvocati Renato Alberini e Sara Rinaldini, Marconi si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari, riservandosi di parlare più avanti, quando potrà conoscere esattamente quali sono gli elementi in mano al sostituto procuratore Davide Nalin e quali le imputazioni definitive. La dinamica sembrerebbe escludere la premeditazione, ma per il momento non si riesce a capire cosa abbia fatto scattare la reazione violenta del giovane veneziano e la Procura potrebbe decidere di contestare l'aggravante dei futili motivi. La difesa, invece, confida di riuscire a dimostrare che Marconi ha reagito ad una concreta provocazione.
Gli inquirenti sperano di avere qualche risposta dalla consulenza finalizzata ad analizzare i cellulari di indagato e vittima, alla ricerca di eventuali precedenti contatti e di possibili attività in comune che possano meglio spiegare l'accaduto. La Procura ha nominato Marco Marangoni, tecnico informatico di Verona, mentre la difesa si è affidata a Mauro Carnevali di Mestre.
Marconi ha avuto problemi con la giustizia soltanto per l'occupazione di un immobile, ma non ha precedenti per droga, come invece ne aveva la vittima, i cui familiari si sono rivolti agli avvocati Giorgio e Luca Pietramala con l'intenzione di costituirsi parte civile.

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