VENEZIA - L'ipotesi, ventilata, è che possa uccidere ancora. Perché Raffaele Marconi, il 33enne che sabato sera ha ucciso il 25enne tunisino Khalil Mallat nel bar Laguna in salizada San Geremia, porta con sé «L'assenza di freni inibitori» che mischia a un «uso della violenza anche estrema». Così lo tratteggia il gip Luca Marini nell'ordinanza con cui ha disposto il carcere per il 33enne trasportatore veneziano.
I TESTIMONI
I carabinieri nel frattempo hanno trovato e sentito i tre testimoni oculari dell'agguato: una coppia di passaggio e il sopravvissuto all'aggressione, il cittadino tunisino amico di Mallat sopravvissuto solo per un miracoloso scherzo del destino. Il fucile di Marconi, infatti, si è inceppato al momento di esplodere un secondo colpo destinato a lui. Fatto, questo, che emerge chiaramente nell'ordinanza. La ricostruzione fatta dal Gip prende spunto poi dalle telecamere di sicurezza di Venezia, immagini riprese dalla Smart control room della polizia locale. Nell'ordinanza firmata dal giudice si legge che Marconi alle 23.23 avanza sul ponte delle Guglie con una borsa all'interno della quale c'è il fucile. Vengono descritti anche i vestiti del 33enne trasportatore, gli stessi indossati poche ore dopo durante il blitz dei carabinieri nella sua abitazione e il suo arresto.
LE INDAGINI
Intanto l'inchiesta procede: è stata fissata per il 4 dicembre l'autopsia sul corpo di Mallart e nei prossimi giorni verrà conferita un'analisi tecnica sui cellulari del killer e della vittima, alla ricerca sopratutto di un movente che possa spiegare quanto accaduto. La stessa ordinanza del giudice per le indagini preliminari infatti non fa riferimento ad un preciso fattore scatenante. Restano come ipotesi investigative quelle del regolamento di conti legato al mondo della droga o ad un precedente litigio, forse per un apprezzamento fatto sulla moglie di Marconi.