VENEZIA - Nel giro di 10 anni, le attività gestite da imprenditori cinesi sono passate da 84 a oltre 900. Una crescita esponenziale, di pari passo con la diminuzione di attività storiche in capo a veneziani ormai anziani. E la Cina parte alla conquista di piazza San Marco: dopo il caffè Aurora, all'ombra del campanile, dove i dipendenti sono cinesi, ecco che presto riaprirà i battenti l'ex Totobar, dopo due anni di chiusura.
E lo farà grazie a un'imprenditrice orientale già presente in città con altri pubblici esercizi, come ristoranti e bar.
«Un meccanismo - spiega Costalonga - per non pagare le tasse, permesso da una legge nazionale che andrebbe rivista. Nel caso dell'ex Totobar non ci sono problemi perchè il bar si presenterà come un servizio di qualità, l'importante è che rispetti le regole. Mi preoccupano invece i bed&breakfast, gli affittacamere e chi vende paccottiglia e apre e chiude nel giro di un anno, con una proliferazione di società fantasma che durano lo spazio di una denuncia. Ricordo il record di un'attività che in due anni ha chiuso e riaperto 19 volte».
Costalonga vuole intervenire alla radice, imponendo - come già fatto per Rialto e San Marco - anche ad esempio a Cannaregio, in Strada Nova e in altre zone una delibera che possa autorizzare nuove aperture di negozi solo a determinate merceologie di prodotto.
«Stiamo studiando quali codici merceologici inserire nella lista - propone Costalonga - chi vorrà aprire ex novo potrà farlo solo rispettando questa condizione. Un esempio potrebbe essere l'artigianato di qualità, o i tessuti, o l'abbigliamento di alta gamma. Nel caso uno voglia rilevare un'attività esistente, e quindi con altri prodotti, dovrà rilevare l'intera società commerciale, accollandosi anche i debiti accumulati. Quindi dovrà fare prima un'operazione di riorganizzazione e di pagamento delle tasse dovute, per poi riavviarsi». Insomma, un deterrente alle società che durano finchè non arriva una pattuglia di forze dell'ordine a controllare.
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