Migranti, primi arrivi in Veneto: bus ogni giorno a Marghera, ma solo 19 comuni li “accolgono”

Sabato 5 Agosto 2023 di Davide Tamiello
foto di repertorio

VENEZIA - Sicilia, Calabria, Sardegna: gli sbarchi continuano senza sosta sulle coste italiane.

Nell’isola di Lampedusa si viaggia al ritmo di quasi mille migranti al giorno, l’hotspot dell’isola è al limite della capienza con quasi duemila persone e, di conseguenza, le ripartizioni in tutto il Paese proseguono per sgravare le strutture di prima accoglienza. In Veneto i numeri parlano di quasi mille arrivi a settimana: i pullman, a colpi di 120 migranti al giorno, si fermano nel piazzale della questura di Marghera e il prefetto, Michele Di Bari, si coordina con i colleghi delle altre province per individuare i posti disponibili nei vari Cas della regione. Un’impresa sempre più ardua, visto che le prefetture stanno chiedendo ai sindaci di trovare delle case libere dove sistemare i richiedenti asilo ma la risposta è quasi sempre la stessa: «Non ne abbiamo». I dati del Dipartimento di Pubblica sicurezza parlano di 91.964 persone sbarcate in Italia dall’inizio dell’anno (di cui 9.496 minori non accompagnati), un dato raddoppiato rispetto a 12 mesi fa. I numeri sono importanti, ma i tempi sulle procedure non sono da meno: l’iter per il riconoscimento della richiesta di asilo può durare anni. Da quando arrivano in questura, infatti, passano tre o quattro mesi da quando un migrante riesce a presentare una richiesta di asilo. Poi tocca alla commissione territoriale (quella di Padova, per esempio, ha competenza per il Padovano e il Veneziano) che ha il compito di analizzare la richiesta una volta risentito il richiedente. Se proviene da uno Stato sicuro (l’elenco aggiornato in Gazzetta ufficiale annovera tra questi Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia) l’audizione può avvenire piuttosto rapidamente, anche nel giro di una decina di giorni, altrimenti possono passare dei mesi. Poi tocca all’analisi della domanda, altri mesi di attesa, e infine il responso: in caso di diniego, partono i ricorsi. Nel frattempo, la persona rimane in un limbo legislativo. 


EMERGENZA POSTI
Torniamo alle sistemazioni per l’accoglienza: preso atto che gli hub, come hanno dimostrato i precedenti di Cona e Bagnoli, non sono un modello perseguibile, resta la via dell’accoglienza diffusa, quella caldeggiata anche dallo stesso presidente della Regione Luca Zaia. Qui, però, i numeri parlano di una volontà ben diversa da parte degli enti locali: dei 563 Comuni del Veneto solamente 19 hanno aderito alla rete Sai (il sistema di accoglienza e integrazione della rete degli enti locali che permette di accedere al fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo), il che significa poco più di 800 posti disponibili messi a disposizione dai Comuni contro gli oltre 6.700 dei Cas (quelli cioè che la prefettura fa gestire alle cooperative). Un dato che colloca il Veneto al quindicesimo posto tra le regioni d’Italia nella classifica dei progetti Sai. 


TURNOVER FORZATO
A queste condizioni, quindi, pare che le prefetture stiano spingendo per un corposo turnover: a chi ha trovato un lavoro, cioè, può essere revocata l’accoglienza (la legge prevede che la soglia minima sia un compenso equivalente all’assegno minimo, quindi di seimila euro all’anno) per liberare il posto a un nuovo arrivato. Una strategia che da un lato può rappresentare una spinta verso l’integrazione, ma che rischia anche di accelerare il processo in un momento ancora piuttosto delicato. In mancanza di strutture, e quindi di alternative reali, questa sembra essere la via maestra: ieri pomeriggio il prefetto di Venezia ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Ance, centro edili Venezia e sindacati per favorire l’inserimento socio-lavorativo di richiedenti asili in un settore che, di fatto, da tempo ormai lamenta una carenza cronica di personale. 
 

Ultimo aggiornamento: 10:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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